Il minaccioso imperialismo di Trump...di Fosco Giannini* ABSTRACT, ARGOMENTI KW DEEPAI
Il minaccioso imperialismo di Trump e del capitalismo della sorveglianza tecnologica e il compito dei comunisti
di Fosco Giannini*
La presa diretta del potere da parte del “quinto capitalismo” chiede ai comunisti di riappropriarsi pienamente dell’intera visione del mondo leninista e gramsciana.
Donald Trump, lo scorso 20 gennaio 2025, giorno del suo secondo insediamento alla Casa Bianca, svolge, di seguito, due discorsi: il primo alla Rotonda del Campidoglio, il secondo presso l’Emancipation Hall, di fronte ai militanti repubblicani, ai suoi sostenitori più fedeli e a tutta la schiera dei nuovi vip corsi sul carro del vincitore. Nel suo primo intervento il presidente Usa mantiene un profilo relativamente equilibrato e “istituzionale”, pur annunciandosi senza vergogna “salvato da Dio affinché l’America torni grande”, eroe della nuova era d’oro americana e pacificatore delle guerre del mondo. È nel secondo intervento, tuttavia, che il presidente fa riemergere il vero Trump che ha in sé, rilanciando con fulmini e tuoni il proprio disegno razzista di deportazione di massa degli immigrati e i propri progetti proto-imperialisti volti a cambiare il nome del Golfo del Messico in Golfo Americano, a “riconsegnare all’America” il Canale di Panama e a conquistare per gli Usa la Groenlandia. Proponendo, inoltre, con particolare iattanza reazionaria, una sorta di undicesimo comandamento per il quale dal 20 gennaio 2025 in poi vi saranno negli Usa solo due generi: maschile e femminile e tutto il resto del doloroso, sofferente, non “ordinato”, comunque non protocollare e diverso, e a volte anche persino felice, percorso sessuale umano (che tale è, non ordinato, non protocollare, dall’intera storia dell’umanità) sarà cancellato attraverso la stessa forza poliziesca della “legge” trumpiana (sarà interessante vedere come nelle università statunitensi, tra i giovani americani, nelle vaste aree socialmente e intellettualmente avanzate Trump potrà ratificare e far rispettare il “nuovo ordine” di genere controrivoluzionario, come potrà edificare su tutto il territorio nordamericano l’immensa Vandea della controrivoluzione sessuale).
Ma, sulla natura dei due discorsi di Trump nel giorno del suo secondo insediamento molto si è parlato. Ciò che, credo, sia stato poco rimarcato è un altro fatto, che nella sua essenza sembra a chi scrive di importanza strategica.
Ci riferiamo alla natura politico-ideologica dell’intera corte dei miracoli che ha circondato Trump, lo scorso 20 gennaio a Washington, al Campidoglio, durante e dopo i suoi due discorsi.
Chi era accanto a Trump, in quelle ore per certi versi fatali? Chi ha scodinzolato con totale subordinazione, servilismo, cortigianeria, adulazione? È stata l’intera Silicon Valley, l’intero capitalismo big tech nordamericano, il nuovo tecno-feudalesimo capitalista (così come lo ha descritto Yanis Varoufakis), la nuova e oscura potenza neocapitalista e per molti versi postindustriale e persino postcapitalista del potentato high-tech.
Quali cagnolini, in carne e ossa, hanno replicato sul palco, a fianco di Trump, la famosa danza dei servi muti?
A rendere omaggio al nuovo presidente, non vi era solo Elon Musk (SpaceX, Tesla, Hiperloop, The Boring Company, X social network, già Twitter, per un fatturato totale annuo di 500 miliardi di dollari), l’ideologo del tecno-autoritarismo e sostenitore dichiarato dei neonazisti tedeschi dellaAllianz für Deutschland, che ha sostituito Steve Bannon quale consigliere principale di Trump; vi erano anche Tarek Waked, il capo dell’inquietante, per grandezza, potenza economica e politica e capacità di organizzazione e manipolazione del senso comune di massa, Type One Ventures (tecnologia spaziale, robotica, intelligenza artificiale, nanotecnologie, automazione, longevità umana); David Sacks, il nuovo re dell’intelligenza artificiale, capo dell’immensa Craft Venture; vi era Jeff Bezos, proprietario di Amazon (nuovo costruttore planetario della coscienza mercificata); i capi di Apple, Microsoft, OpenAl; vi era Sundar Pichai (amministratore delegato di Google e Alphabet); Marc Andreessen, leader della Venture Capital di Silicon Valley; Peter Thiel, nuovo grande tycoon internazionale dell’economia digitale, megafono dell’estrema destra globale, “cuore di tenebra” della Silicon Valley, che assieme a Max Levchin ha fondato l’ormai planetario servizio di pagamento online PayPal e ultimo arrivato, col passo trafelato del nuovo servo, del nuovo suddito nel regno trumpiano, Mark Zuckerberg (Meta-Facebook).
Sul palco del 20 gennaio 2025, a Capitol Hill, mentre Trump veniva ufficialmente riconfermato presidente, si riaggregava fisicamente la cosiddetta “PayPal Mafia” (Musk, Thiel, Saks, Andreessen), tenuta assieme da quel sistema di pagamento digitale che ha cambiato la merce-denaro accumulando quell’immenso, incalcolabile profitto universale che, in così tanta quantità, mai aveva visto il capitalismo industriale e produttivo.
Tutti i nuovi sudditi di Trump hanno già conquistato le leve del potere politico, economico e militare statunitense e sono già in lotta spietata tra loro per la conquista di altri pezzi di potere.
Musk ha già fatto proprio il dipartimento dell’Efficienza, che in senso ultraliberista attaccherà la Stato americano licenziando centinaia di migliaia di dipendenti pubblici; Andreesen e Thiel hanno già collocato, attraverso Trump, molti loro dirigenti nella Difesa, nella sanità, nell’area spaziale Nasa, nell’Atf (l’area politico-amministrativa dove si esercita il potere di controllo sulle armi, sull’alcol, sul tabacco); Howard Lutnick, grande finanziere a cavallo sui confini mafiosi, sarà ministro del Commercio e promotore, per la Casa Bianca, sia del sistema delle criptovalute che della lotta isolazionista doganale, specie contro la Cina; David Sacks, cane fedele di Musk, ha avuto da Trump il doppio portafoglio dell’intelligenza artificiale e dell’estensione nazionale e internazionale del denaro digitale; Shyam Sankar, legato a Thiel, avrà un incarico di peso al Pentagono, un ruolo politico volto a collocare lo stesso Pentagono entro una rete di controllo guidata dall’intelligenza artificiale promanata da quelle grandi imprese private che oggi sono suddite di Trump e che in un vicino domani potrebbero prendere completamente in mano gli Usa. E il mondo.
Cosa è accaduto, nell’essenza, nel giorno del secondo insediamento al potere di Trump? Ciò che è accaduto, così ben plasticamente raffigurato dalla grande, vasta, unita squadra di tecno-miliardari americani a fianco e al servizio di Trump, è che il potere del “quinto capitalismo” (quello dell’intelligenza artificiale al totale servizio del nuovo profitto capitalista storico, della tech- economy, della cripto-moneta universalizzata, di un potere mediatico ristretto in pochissime e mafiose mani in grado di rovesciare governi vergando violentemente “una frase, un rigo appena” nelle planetarie reti private; determinare la fortuna di movimenti nazifascisti e renderli di massa, destrutturare interi Stati, determinare profitti aurei delle grandi fabbriche, delle multinazionali delle armi scatenando le guerre) è divenuto totalmente consustanziale al potere politico, come se le acciaierie Krupp, negli anni ’30 in Germania, avessero preso direttamente il potere, a fianco di Hitler, persino spodestando Hitler, come se Gustav Krupp non si fosse limitato a finanziare l’ascesa al potere del nazismo ma ne avesse preso direttamente la guida e con esso la guida dello Stato.
È accaduto che “il capitalismo della sorveglianza”, oltreché dello sfruttamento planetario e della terza guerra mondiale, quel capitalismo della sorveglianza così mirabilmente messo a fuoco da Shoshana Zuboff, sia salito, negli Usa, direttamente al potere, occupando e dirigendo tutti gli spazi vitali e le articolazioni dello Stato, dal Pentagono alle politiche sull’immigrazione, dalla sanità alla scuola, dall’economia alla politica internazionale. Le gravi minacce insite in uno spaventoso ed esponenziale, non lineare, sviluppo tecnologico in mano a quei ristretti gruppi dell’attuale iperliberismo-fascismo si sono maledettamente materializzate negli Usa di Trump, di Musk e Thiel; un’architettura tecnologica volta all’organizzazione del consenso delle masse planetarie ha ora le mani libere nel verosimile obiettivo di piegare interi popoli e continenti al Moloch di un profitto e di una manipolazione delle coscienze i cui livelli mai la storia del capitalismo aveva precedentemente toccato. Gli architetti del capitalismo big tech giunti al potere a Washington sono già da oggi in grado di dettare un nuovo ordine economico, non solo statunitense ma anche mondiale fatto di plusvalore assoluto e irreggimentazione silente di vastissime masse sul piano nazionale e internazionale.
Un futuro dispotico e distopico, nella sua essenza semantica di indesiderabile utopia negativa prevedibile sulla base delle tendenze del presente, ha preso corpo dal Campidoglio e allunga la sua ombra sul mondo intero. Il 1984 di George Orwell non sembra più un racconto di fantapolitica ma un reportage politico da Washington datato 20 gennaio 2025; il Blade Runner di Ridley Scott, nel quale gli androidi vengono fabbricati, messi sul mercato e utilizzati come forza-lavoro nelle colonie extraterrestri, sembra sempre più uno spot pubblicitario per le aziende di Elon Musk e Tarek Waked, che si differenziano dalle aziende di Blade Runner solo perché non venderanno androidi forza-lavoro nelle colonie dello spazio infinito, ma direttamente nelle fabbriche e negli uffici della Terra e a livello globale, cacciando una parte sempre più vasta di forza-lavoro umana dai cicli produttivi per poi deportarla da qualche oscura parte degli Usa e del pianeta, così come si deportano gli immigrati.
Sostenuto da sempre più potenti processi di globalizzazione, il progetto nordamericano non tarderà a farsi universale, come sempre il capitalismo ha fatto sulle ali della propria essenza imperialista e spinta colonialista volta alla mercificazione universale.
In Italia, già ora, il “quarto capitalismo” delle “nicchie d’eccellenza”, dei distretti industriali, delle vigorose filiere e delle “multinazionali tascabili”, sta duramente combattendo per non cedere il passo al “quinto capitalismo”, quello big tech, quello delle aziende italiane in grande sviluppo dell’informatica e dell’intelligenza artificiale.
L’Almaviva S.p.A, con i suoi 45mila dipendenti (6mila in Italia e 39mila all’estero, a conferma di una natura oggettivamente e intrinsecamente globalista e imperialista della tech-economy) è il gruppo privato leader nell’Information & Communication Technology italiana. L’Esprinet, con i suoi 1.800 dipendenti, 900 dei quali lavorano in Brianza, e col suo utile netto di circa 40 milioni di euro è un’altra grande azienda italiana nello stesso campo e altre stanno crescendo: Ibm (software, tra cui il leader del mercato Red Hat, e trasformazione digitale del business mission-critical a livello mondiale); Accenture (13mila dipendenti e l’occupazione cresce con una media di 1.500 l’anno); Engineering Ingegneria Informatica; Reply; Tech Data Italia; Zucchetti; Sogei (Società generale d’informatica, opera nel settore dell’Ict, società in house controllata dal ministero dell’Economia e delle Finanze).
Aziende italiane, tante oltre queste citate, che già contano oltre 100mila lavoratori, che sono già l’avanguardia tecnologica italiana, destinate ad avviare profondi processi di concentrazione monopolistica e a vivere nella globalizzazione, nelle proprie spinte imperialiste e nei conflitti interimperialisti. Destinate, soprattutto, per la loro stessa natura, come quelle nordamericane, a guidare l’intero mondo produttivo italiano e a farsi potere economico, mediatico, politico.
Qual è la lezione, per i comunisti, per i rivoluzionari, che proviene dall’inedita e grave forma di compenetrata unità stabilitasi, negli Usa, tra potere politico “trumpiano” e potere economico e mediatico dal sapore spesso fascista del fronte che va da Elon Musk sino a Marc Andreessen, passando per la criptomafia di Peter Thiel? Qual è la lezione che proviene dalla costituzione, sul campo, di questo nuovo potere dell’autoritarismo tecnologico? Quale lezione può provenire dal fatto che il potere generale big tech, solo per l’insediamento di Trump del 20 gennaio 2025, ha raccolto 250 milioni di dollari? La lezione estrema non può che essere la seguente: di fronte a concentrazioni di potere così grandi e inquietanti, così dense di futuro strategico e storico, così capaci di modellare a piacimento e con una potenza pervasiva e persuasiva l’intero pianeta, occorre che la prassi comunista superi di slancio ogni residuo progetto di mediazione e compromesso con il nuovo sistema capitalista in fieri,che decisamente oltrepassi quel punto di intermediazione, di senseria, per esempio proposte dal tanto celebrato – anche a sinistra, anche da molti, troppi, comunisti moderati – Joseph E. Stiglitz nella sua ultima opera La strada per la libertà, 2024, nella quale si denuncia sì la concentrazione del capitale come attentato alla libertà degli individui e delle masse, ma delineando una soluzione di tale problema entro un capitalismo più moderato e ammansito, utopia idealistica e antidialettica tendente, infine, a ratificare il potere capitalista stesso.
Per mettere a valore sul piano della contingenza politica la questione della crisi di sovrapproduzione capitalistica evocata in Blade Runner attraverso l’immagine distopica di eserciti di androidi quale nuova forza-lavoro di massa e a basso costo (entro un quadro, peraltro, di sviluppato “capitalismo della sorveglianza”) in grado di espellere dalla produzione tanta parte della classe lavoratrice da quella di fabbrica a quella dei punti alti e d’avanguardia della stessa produzione big tech, occorre rimarcare il fatto che entro questo processo può oggettivamente prendere corpo la rivoluzione, poiché gli eserciti di operai e tecnici in carne e ossa espulsi dal lavoro per far posto agli androidi saranno espulsi anche dal mercato capitalista, aprendo così un problema senza soluzione per il “quinto capitalismo”, una contraddizione entro la quale potrà agire una forza comunista e rivoluzionaria. A condizione che essa si ponga il problema della riconquista della propria priorità ideologica e politica, nel tempo perduta: la presa del potere.
La “svolta” del 20 gennaio in Campidoglio, a Washington, che ha ratificato di fronte al mondo la presa diretta del potere da parte del “quinto capitalismo”, chiede ai comunisti di riassumere sino in fondo l’intera “weltanschauung” leninista e gramsciana che, a partire dalla centralità della presa del potere, deve plasmare proprio attraverso questa categoria centrale la propria intera linea tattica e strategica, immettendo in ogni agire contingente tale progetto di fondo e ridefinendo, tra l’altro, la stessa “questione elettorale”, (troppo spesso cavallo di Troia per la moderazione politica e il tradimento di sé come comunisti), “questione elettorale” da vivere e interpretare attraverso un unico obiettivo: trasformare il Parlamento come cassa di risonanza della lotta di classe.
Anche alla luce del profondo e irreversibile cambiamento del capitalismo mondiale occorre, per i comunisti, riconquistare i punti salienti e irrinunciabili della propria identità e della propria strategia:
– la lotta antimperialista e anticapitalista conseguente;
– la rottura rivoluzionaria, che superi di slancio la mitologia della democrazia borghese come stadio finale della civiltà politica e del diritto;
– la presa del potere;
– la difesa con la forza del potere rivoluzionario;
– la costruzione con la forza e il consenso delle masse e del popolo di un nuovo ordine sociale e politico: il socialismo.
Anche in Italia un nuovo potere big tech (o si esercita la “chiaroveggenza” o non si è rivoluzionari) nel tempo si formerà.
E anche in Italia i comunisti dovranno recuperare appieno la teoria e la prassi della rivoluzione e della presa del potere. Idee-forza perdute nel tempo che dovranno guidare di nuovo la tattica e la strategia. Che dovranno sovraordinare e segnare di sé anche la politica quotidiana stessa dei comunisti.
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