Le Condizioni Economiche per la Pace
Le Condizioni Economiche per la Pace
Brancaccio E., Skidelsky R. et al. (2023). “The economic conditions for peace/The economic conditions that make wars more likely”, Financial Times, 17 febbraio; “Les conditions économiques de la paix”, Le Monde, 12-13 marzo; “Le condizioni economiche per la pace”, 17 febbraio. Disponibile online.
È trascorso un anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina e
nulla sembra indicare che i venti di guerra si stiano affievolendo.
Perché la guerra continua? Perché le tensioni militari aumentano a
livello globale?
Noi respingiamo la tesi di uno “scontro di
civiltà”. Piuttosto, occorre riconoscere che le contraddizioni del
sistema economico globale deregolamentato hanno reso le tensioni
geopolitiche estremamente più acute.
Uno dei principali guasti
dell’attuale sistema mondiale risiede nello squilibrio delle relazioni
economiche ereditato dall’era della globalizzazione deregolata. Ci
riferiamo alle posizioni nette internazionali, in cui gli Stati Uniti,
il Regno Unito e vari altri Paesi occidentali hanno accumulato ingenti
debiti verso l’estero, mentre la Cina, altri Paesi orientali, e in parte
anche la Russia, sono in una posizione di credito verso l’estero.
Un’implicazione
di questo squilibrio è la tendenza a esportare capitale orientale verso
l’Occidente, non più soltanto sotto forma di prestiti ma anche di
acquisizioni: una centralizzazione del capitale in mani orientali.
Per
contrastare questa tendenza, da diversi anni gli Stati Uniti e i loro
principali alleati hanno abbandonato il loro precedente entusiasmo per
il globalismo deregolato e hanno adottato una politica di “friend
shoring”: una chiusura protezionista sempre più accentuata nei confronti
delle merci e dei capitali provenienti da Cina, Russia e gran parte
dell’Oriente non allineato. Anche l’Unione Europea si è unita a questa
svolta protezionista guidata dagli americani.
Se la storia
insegna qualcosa, queste forme scoordinate di protezionismo esacerbano
le tensioni internazionali e creano condizioni favorevoli a nuovi
scontri militari. Il conflitto in Ucraina e le crescenti tensioni in
Estremo e Medio Oriente possono essere pienamente compresi solo alla
luce di queste gravi contraddizioni economiche.
Per avviare un
realistico processo di pacificazione, è oggi dunque necessaria una nuova
iniziativa di politica economica internazionale.
Occorre un
piano per regolare gli squilibri delle partite correnti, che si ispiri
al progetto di Keynes di una international clearing union. Lo sviluppo
di questo meccanismo dovrebbe partire da una duplice rinuncia: gli Stati
Uniti e i loro alleati dovrebbero abbandonare il protezionismo
unilaterale del “friend shoring”, mentre la Cina e gli altri creditori
dovrebbero abbandonare la loro adesione al libero scambio.
Siamo
consapevoli di evocare una soluzione di “capitalismo illuminato” che
venne delineata solo dopo lo scoppio di due guerre mondiali e sotto il
pungolo dell’alternativa sovietica. Ma è proprio questo l’urgente
compito del nostro tempo: occorre verificare se sia possibile creare le
condizioni economiche per la pacificazione mondiale, prima che le
tensioni militari raggiungano un punto di non ritorno.
FIRME
Emiliano Brancaccio (University of Sannio, IT) e Robert Skidelsky (Warwick University, GB), con Rania Antonopoulos (Levy Economics Institute, US), Pier Giorgio Ardeni (University of Bologna, IT), Josef Baum (University of Vienna, AT), Johannes M. Becker (Philipps University of Marburg, DE), Rosaria Rita Canale (Università Parthenope, IT), Margarida Chagas Lopes (Universidade de Lisboa, PT), Marcella Corsi (University La Sapienza, IT), Christophe Depoortère (University of Reunion, FR), Jesus Ferreiro (University of the Basque Country, ES), Giuseppe Fontana (University of Leeds, GB), Mauro Gallegati (Marche Polytechnic University, IT), Alicia Girón (Universidad Nacional Autonoma, MX), Rebeca Gomez Betancourt (University of Lyon 2, FR), Gjalt Huppes (Leiden University, NL), Grazia Ietto-Gillies (London South Bank University, GB), Jakob Kapeller (University Duisburg-Essen, DE), Stefano Lucarelli (Università di Bergamo, IT), Mahmood Messkoub (ISS, Erasmus University of Rotterdam, NL), Juan Carlos Moreno Brid (Universidad Nacional Autónoma, MX), Júlio Marques Mota (University of Coimbra, PT), Dimitri Papadimitriou (Levy Economics Institute, US), Ugo Pagano (University of Siena, IT), Heikki Patomäki (University of Helsinki, FI), Paolo Pini (University of Ferrara, IT), Louis-Philippe Rochon (Laurentian University, CA), Sergio Rossi (University of Fribourg, CH), Donald Sassoon (Queen Mary, University of London, GB), Mario Seccareccia (University of Ottawa, CA), Gennaro Zezza (Levy Economics Institute, US), e altri.
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