Corrado Cirio LA CHIMERA DELL’ESERCITO EUROPEO E I FUMI DI DRAGHI

 

LA CHIMERA DELL’ESERCITO EUROPEO E I FUMI DI DRAGHI 


Pesantemente armati, ma pur sempre sudditi. In questa aporia si perde

il Documento Draghi sulla futura capacità competitiva della Ue presentato

a settembre. Un ampio documento di indirizzo che affronta diversi fattori,

dall’innovazione alla ricerca, passando appunto attraverso il tema cruciale

della Difesa europea. Proprio quest’ultima parte è l’unica che potrebbe avere

seguito concreto, esprimendo le necessità di poteri forti, anche se esterni alla

Ue.

In tema di Sicurezza e Difesa (S&D), accanto a considerazioni condivisi-

bili, come l’irrazionalità di avere in Europa 27 forze armate autonome senza

coordinamento alcuno, il Rapporto Draghi ne contiene altre poco aderenti

alla realtà, se non addirittura manipolate.

Scrive Gianni Alioti: «L’industria europea della Difesa, nonostante un

fatturato annuo nel 2022 di € 135 mld., soffrirebbe in primo luogo di una

bassa domanda dovuta a un’insufficiente spesa militare aggregata dei 27 pa-

esi UE (U$ 313 mld. nel 2023) pari a un terzo di quella americana. Ci si

dimentica, però, di riconoscere che supera tuttora la spesa militare della

Cina ed è tre volte superiore a quella della Russia». Continua Alioti: «la spe-

sa militare UE sarebbe meno focalizzata nell’innovazione e nella ricerca-svi-

luppo di quella americana [...] ma ciò non impedisce all’industria europea

della Difesa di raggiungere un forte volume di esportazioni pari a € 52 mld.

nel 2022; il suo peso nel mondo è rilevante per numero di aziende, per

fatturato, per export e per livelli di internazionalizzazione delle produzioni

e dei mercati»1

. Molti altri commentatori fanno notare che una eventuale

razionalizzazione della spesa militare dei 27 paesi sarebbe di per sé un rile-

vante elemento di rafforzamento del comparto, e certamente porterebbe a

una minore necessità di investimenti.

Tra le motivazioni per proporre l’aumento della spesa militare Draghi in-

serisce la ricaduta tecnologica degli investimenti nell’industria bellica. L’Eu-

ropa è in gravissimo ritardo su quasi tutti i settori tecnologici piú avanzati,

produce un numero di laureati Stem di gran lunga inferiore a quelli di Cina

1 Gianni Alioti sul numero di novembre 2024 di «Iriad Review».

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e anche degli Usa, registra meno brevetti e ha perso decenni senza aggior- nare e sviluppare le infrastrutture di ricerca, investendo meno del 2% del

Pil, concentrato in Germania e sull’automotive. Pensare che una soluzione a

questo complesso problema passi attraverso investimenti mirati alla ricerca

militare è quanto meno bizzarro.

È ampiamente dimostrato – per ultimo dal balzo tecnologico della Cina –

che gli investimenti in Ricerca e Sviluppo sono estremamente piú produttivi

se indirizzati direttamente alle infrastrutture della Ricerca (a partire dalle

Università e dagli Enti e laboratori dedicati) piuttosto che gestiti attraverso

l’industria bellica a scopi specificamente militari o dual use. La proposta di Draghi è una versione da banchiere dell’idea “piú armi piú

sicurezza”, luogo comune errato, smentito dal circolo vizioso che innesta

nella realtà. Piú armamenti producono piú insicurezza per gli avversari, che

a loro volta sono spinti al riarmo, in una spirale che genera insicurezza e

rischi crescenti, una diminuzione costante della sicurezza globale. Le curve

degli investimenti militari degli ultimi trent’anni sono autoesplicative.

Le risorse tolte agli investimenti in welfare provocano un aumento della

povertà e delle tensioni sociali. Gli armamenti, una volta accumulati, chie- dono essi stessi – per non parlare di chi li produce – di essere usati. Non a

caso Von der Layen non ha trovato di meglio che coniare lo slogan «Arma- menti come vaccini». Come se gli armamenti dovessero “curare” le minacce

alla sicurezza e come se la guerra fosse un virus.

Il Documento offre tuttavia l’opportunità di affrontare seriamente la que- stione S&D e soprattutto l’idea, che molti nei partiti della “sinistra” europea

(ultimo arrivato Gentiloni) accarezzano, di affidarla a un esercito europeo.

La questione sicurezza e difesa non è una banale questione di produzione

di armi, al contrario è complessa e non può prescindere da scelte politi- co-strategiche di fondamentale rilevanza. Altro che soldi alle industrie di

armamenti!

Europa Europa. E la Nato?

Il quadro piú generale proposto da Draghi ipotizzerebbe un ruolo “glo- bale” per l’Europa, che dovrebbe dunque entrare in “virtuosa” competizione

anche sul terreno della Difesa con le potenze globali ,Usa e Cina e – piú

per riflesso pavloviano che altro – Russia. L’ex banchiere parla spesso di

autonomia, riferendosi a un inesistente mondo occidentale multipolare che

avrebbe nell’Europa un attore importante e paritario. In realtà Draghi, nel

suo Documento, non si pone mai il problema dei problemi: il rapporto

Europa/Nato e, piú in generale, il rapporto Europa/Usa.

La Nato era nata nel 1949 in funzione dichiaratamente difensiva, sulla

base di un accordo che assegnava agli Usa il compito di garantire ombrello

nucleare e deterrenza militare di alto profilo, all’Europa una sorta di sovra-

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nità politica limitata nel contesto globale, ma una bassa soglia di investi- menti nella S&D.

Non sono mancati fino al 1999 i tentativi della Commissione europea di

mantenere un certo grado di autonomia decisionale. Basta ricordare i primi

accordi di Berlino per missioni tipo “Petersberg”, umanitarie, di controllo

e peace keeping, prevedendo, per esempio, di consentire all’Ue di utilizzare

assets Usa per svolgere missioni dove la stessa Nato non fosse coinvolta. La

decisione finale sulle missioni spettava comunque al Nac, Comando Nato,

dunque in ultima istanza agli Usa.

Questo right of first refusal è stato oggetto di dibattito fino al 2003, e fino

agli accordi di Berlino plus e alle missioni in Macedonia e Bosnia. Da lí in

poi il processo di discussione interno tra Ue e Nato si è orientato in senso

inverso, cioè sviluppando le modalità per mettere a disposizione della Nato

strutture non solo militari ma anche infrastrutturali e civili europee.

Le continue modifiche al Concetto strategico della Nato nel 1991, 1999

e 2022, non hanno visto alcuna partecipazione istituzionale coordina- ta dell’Ue, ma solo, in ruoli subordinati, di singoli paesi europei aderenti

all’Alleanza. Nel corso del tempo, la Nato ha perseguito costantemente al- cuni obiettivi relativi al rapporto con l’Europa, esplicitati nei documenti

di indirizzo strategico e di enorme rilevanza: a) deve affermarsi sempre piú

come un centro di decisione politica in quanto detentrice della forza milita- re; b) deve diventare una sede privilegiata di incontro, di consultazione e di

coordinamento non solo dei ministri della Difesa, ma anche degli Esteri e

degli altri ambiti che abbiano implicazione con la difesa e la sicurezza della

alleanza e dei singoli appartenenti, in particolare la ricerca scientifica, le

comunicazioni, l’energia; c) devono essere ulteriormente rafforzati i legami

e il coordinamento con le strutture dell’Unione Europea; d) deve decidere,

operare e comunicare in maniera univoca evitando progressivamente so- vrapposizioni delle altre istituzioni nazionali e comunitarie concorrenti sino

a curare la stessa formazione culturale e tecnica del personale e dei collabo- ratori nonché dell’ambiente operativo.

In pochi anni l’alleanza da difensiva e limitata al teatro europeo si è tra- sformata in uno strumento di proiezione di potenza globale, con compiti

sempre piú estesi, fino a intervenire direttamente in Afghanistan dopo che

gli Usa avevano fatto ricorso all’art. 5, a seguito dell’attentato alle torri ge- melle. L’esplicito obiettivo è di diventare il decisore principale delle politi- che europee.

Dopo il 24 febbraio, tutti in ginocchio

Ventiquattro febbraio 2022: la Russia inizia l’invasione dell’Ucraina su

larga scala. Lo stesso giorno la Commissione europea approva il primo pac-

chetto di sanzioni, un documento articolatissimo di 64 pagine pieno di det-

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tagli tecnici su quali prodotti, persone, soggetti andavano sanzionati e con

quali modalità operative. Tale documento era sostanzialmente la fotocopia

di quanto fatto dagli Usa in contemporanea. Le sanzioni vengono immedia- tamente approvate in quasi tutti i paesi Ue2

. Se qualcuno riesce a credere che ciò possa essere stato improvvisato in

poche ore – e non il frutto di mesi di preparazione – probabilmente potrà

credere a qualsiasi altra cosa, compreso il terrapiattismo.

L’attacco russo ha colto di sorpresa quasi tutti. Chi non solo conosceva

questa possibilità ma stava da tempo lavorando per arrivare a questa crisi era

la Nato, che nei mesi precedenti aveva rifiutato con straordinaria arroganza

provocatoria ogni tentativo russo di arrivare a un accordo che garantisse

la non estensione della Nato all’Ucraina, e dal 2014 riarmava e addestrava

l’esercito di Kiev, divenuto cosí il piú grande esercito europeo.

Già nei primi giorni, dal 24 al 26 febbraio 2022, tutto il sistema media- tico martella una narrazione univoca, preparata nei minimi dettagli e dotata

di documentazioni audiovisive di grande impatto emotivo. I giovani che

preparano le molotov, le bombe sulle case contadine, le stragi di civili.

Il messaggio ruota attorno a sei termini, usati in ogni paese occidentale

contemporaneamente: Russia-Aggressione, Immotivata, Dittatore Crimi- nale. Ucraina-Aggredito, Democratico, Partigiano della Libertà.

Nelle settimane successive si è assistito all’utilizzo massivo dei dieci prin- cipi della propaganda bellica3

, alla cancellazione di ogni evento precedente

e dunque del contesto, alla certezza che le sanzioni e le straordinarie armi

occidentali avrebbero messo in ginocchio la Russia in pochi mesi. Con- temporaneamente iniziava una campagna di criminalizzazione di chiunque

esprimesse dubbi o riserve sulla narrazione imposta, anche solo sommessa- mente ricordando che la guerra in Ucraina era in corso dal 2014 con almeno

già 20.000 vittime accertate.

Dal 24 febbraio 2022 tutto è precipitato e, senza passaggi istituzionali,

il rapporto tra Ue e Nato è diventato quello che vediamo ora, di totale su- bordinazione e dipendenza. Parlamento, Commissione e quasi tutti gli Stati

membri eseguono senza discussione le richieste e le azioni derivanti dalle

scelte politico-militari dell’Alleanza. Il tutto nella completa assenza di ogni

dibattito e anzi in un clima di caccia alle streghe per chi tenti di collocare la

questione Ucraina in un contesto razionale4

. Gigantesche quantità di risorse di armamenti, di servizi di formazione e

addestramento, di supporti logistici e tecnologici, di istruttori e corpi spe- ciali vengono chiesti dalla Nato, attraverso l’Ue, ai diversi paesi europei.

Cospicui finanziamenti vengono dirottati in Ucraina, sottratti dai bilanci

comunitari senza alcuna discussione e con equilibrismi dialettici, finanzian-

2 https://www.linkiesta.it/2022/06/sanzioni-russia-unione-europeaf 3 Principi elementari della propaganda di guerra di Anne Morelli, 2004 4 L’arco dell’impero. Quao Liang, 2015

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do per esempio l’acquisto di munizioni con il “Fondo per la pace”. Dalla

decisione presa apparentemente in un’ora dalla Commissione europea, sen- za chiedere nulla a nessuno, di aiutare in ogni modo l’Ucraina a difendersi,

si è passati subito al ferreo proposito di sconfiggere la Russia , farne cadere il

governo, poi all’obbligo di riarmare l’Europa per prepararsi alla guerra con

la Russia tout court. Siamo stati travolti dalla propaganda bellica, tutta volta a sostenere e am- pliare la minaccia russa, a creare l’immagine di un nemico mostruoso, per

giustificare una riconversione a logiche da economia di guerra. Sono stati

usati argomenti contraddittori fino al ridicolo: la Russia è debole e può e

deve essere sconfitta in Ucraina, anzi no, la Russia è fortissima e minaccia la

sicurezza di tutta l’Europa; riconquistare la Crimea è questione di poco, anzi

no, la Russia se non viene fermata arriverà a Lisbona; la Russia è pericolosa

perché ha 6.000 testate nucleari, anzi no, la Russia fa la voce grossa ma non

userà mai le testate nucleari.

Le cause, i tempi e motivi dello scoppio della guerra sono stati taciuti e

nascosti dietro una cortina di emotività guerresca.

La minaccia russa all’Europa è un’irrisione alla ragione. Un paese di 140

milioni di abitanti esteso su oltre 17 milioni di kmq, che ha problemi de- mografici e gigantesco surplus territoriale, in tre anni di guerra ha certa- mente dimostrato che sta prevalendo, ma ha difficoltà a estendere anche

di poco il proprio controllo territoriale su piú di un quarto del territorio

ucraino adiacente ai suoi confini e madrelingua russa. Che tale paese voglia

e possa invadere un’alleanza di paesi industrialmente avanzati che contano

450 milioni di abitanti e 10 milioni di kmq, supportata dalla superpotenza

americana, è qualcosa di talmente assurdo che può essere raccontato solo

in un clima di irrazionalità propagandistica5

. È semmai evidente la volontà

esplicita e mille volte confermata dai vertici Nato di “dare un colpo mortale

alla potenza russa”, vista come un concorrente degli Usa nel controllo degli

equilibri globali.

È la Nato ad aver indicato Russia e Cina come nemici, non il contrario. È

la Nato ad aver esteso le proprie basi in un numero crescente di paesi avvici- nando sempre piú le sue basi alla Russia. È la Nato che ha voluto fortemente

l’adesione dell’Ucraina, sapendo perfettamente che questo era inaccettabile

per i russi. Reale è non la “minaccia” russa, ma la volontà Usa di riafferma- re il proprio controllo monopolare sul mondo eliminando ogni potenziale

concorrenza e voce autonoma.

La Commissione europea – e con essa grandissima parte dell’establish- ment europeo – si è dimostrata totalmente asservita alle decisioni della Nato,

dunque agli Usa. Da questo quadro di esperienze storiche e di realtà distorte

dalla propaganda di guerra, emerge comunque un fatto incontrovertibile:

qualsiasi ragionamento a proposito di sicurezza e difesa in Ue non può pre-

5 La sconfitta dell’Occidente Emmanuel Todd 2024

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scindere da un’aperta discussione sul rapporto con la Nato, in realtà con

gli Usa. Dare per scontato che tale rapporto sia privo di criticità strategiche

e dunque possa essere ignorato è davvero un esercizio di finta ingenuità al

limite della malafede. Pensiamo soltanto all’esito nefasto per l’Europa – e al

vantaggio gigantesco per gli Usa – dell’interruzione delle forniture di ener- gia russa a causa delle sanzioni. La distruzione del gasdotto North Stream,

realizzata – ormai è chiaro dalle inchieste della magistratura tedesca – da

guastatori ucraini con il supporto attivo dei servizi anglosassoni, è stato un

colpo mortale per l’industria europea e per la Germania in particolare.

L’aumento vertiginoso dei costi dell’energia dovuta alla chiusura dei rap- porti di fornitura con la Russia, sostituita per di piú proprio dal gas liquido

Usa a prezzi quadruplicati, ha messo in ginocchio l’intera capacità produtti- va europea dando il via a un processo di deindustrializzazione di cui vedia- mo solo l’inizio. Ha regalato invece agli Usa una impensabile occasione per

provare a reindustrializzare la propria economia che si era troppo affidata al

solo mercato finanziario, e di trovare una fonte di riequilibrio della propria

bilancia commerciale grazie all’enorme flusso di acquisti europei del pro- prio gas e petrolio. Inoltre si presenta per gli Usa la possibilità di indebolire

strutturalmente la credibilità dell’euro, concorrente strategico del dollaro.

È di assoluta evidenza la differenza di interessi, prima di tutto materiali

ma anche geopolitici, tra Usa ed Europa. Potenzialmente conciliabili, ovvia- mente, sulla base di reciproco rispetto all’interno di politiche multipolari e

non di dominio. Ma alle diversità di interessi e obiettivi devono corrispon- dere espressioni di potere adeguate e autonome, non subordinate.

Non affrontare la questione Nato impedisce ogni ragionamento razionale

e realistico sulle prospettive di una “S&D” europea, il culmine dell’espres- sione del potere statuale e sovrano. Figurarsi quando poi si pensa all’Europa

come player globale!

Che cosa significa essere un player globale

Un’entità politica diventa un player globale quando può decidere senza

condizionamenti esterni le proprie strategie politiche ed economiche: è in- somma pienamente sovrano, ed è in condizione di forza complessiva tale da

incidere significativamente sulle evoluzioni dei rapporti geopolitici mondiali,

contribuendo a determinarne gli sviluppi in base ai propri interessi, come

sostiene Quao Liang. «È importante capire la differenza tra proiezione di po-

tenza e difesa nazionale. La maggior parte delle forze armate esiste per fornire

quest’ultima, ossia i mezzi con cui proteggere le proprie nazioni dalle minacce

nelle rispettive regioni. Pochi hanno la capacità di proiettare il potere lontano

da casa. Ma il primato militare degli Stati Uniti negli ultimi decenni, in parti-

colare la capacità di condurre e sostenere guerre in luoghi lontani, è diventato

per molti il segno distintivo della potenza militare in generale. Secondo questa

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visione, ogni nazione incapace di proiettare il proprio potere a livello globale

– in sostanza tutte quelle che non sono gli Stati Uniti – è quindi complessiva- mente inferiore. Questa visione non è corretta. Ciò che conta in definitiva in

guerra è la forza che può essere messa in campo, sia quella dell’attaccante che

quella del difensore, nel momento e nel luogo specifici in cui è necessaria»6

. Esistono realisticamente limitate opzioni di politica della S&D per un’entità

che assume la “postura” di un player globale.

La prima opzione è quella assunta da tutti gli attuali attori geopolitici glo- bali, Usa, Cina, Russia – e per quanto possono – da alcuni paesi di secondo

livello ma con pretese di ruolo autonomo7

. Esistono naturalmente posture

diverse rispetto alla volontà di proiezione di potenza verso l’esterno, cioè

la capacità di imporre la propria volontà e i propri interessi ad altri paesi o

entità politiche: globalmente aggressiva quella Usa; localmente aggressiva

quella russa; oppure primariamente difensiva quella cinese.

Comunque tale proiezione di potenza – e difesa dalle proiezioni ostili al- trui – necessita di un complesso armamentario di strumenti e attività, il cui

elenco viene periodicamente aggiornato dagli studiosi di strategia militare,

perché si modifica e amplia assieme allo sviluppo tecnologico e alle realtà

geopolitiche.

Gli strumenti S&D non militari di un player globale

Se già Graham Green nel 1955 scriveva The quiet American, evidenzian- do le attività della Cia in Vietnam, che utilizzavano il terrorismo, le sette

religiose, la corruzione per destabilizzare i governi e preparare l’intervento

militare, dagli anni novanta queste operazioni hanno assunto un ruolo pri- mario in una forma inedita. Corruzione, ricatto, bombe, omicidi mirati, le

classiche attività spionistiche sono diventate secondarie. Soprattutto dopo

la Prima guerra del golfo la maggioranza dei conflitti tra Usa e resto del

mondo si sono combattuti con strumenti non militari, sostituendo alle ag- gressioni dirette la destabilizzazione, le guerre civili, l’implementazione di

guerre locali.

Il fondatore del National Endowment for Democracy, raccoglitore dal

1983 di fondi statali Usa che poi vengono distribuiti a organizzazioni, me- dia e Ong in ogni parte del mondo, sosteneva spudoratamente già negli

anni novanta: «facciamo alla luce del sole quello che la Cia faceva di nasco- sto 25 anni fa».

Tra gli strumenti di queste guerre ibride o invisibili merita citarne tre, ma

l’elenco sarebbe lunghissimo e spazia praticamente in ogni settore.

In primo luogo le manipolazioni dei mercati finanziari da parte di soggetti

6 Giuseppe Germinario, Italiaeilmondo 12 Ago 2021 7 India, Inghilterra, Francia, India, Pakistan, Israele, Corea del Nord, Turchia.

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privati che hanno una capacità economica gigantesca e sono proprietari dei

piú sofisticati meccanismi tecnici, e si coordinano con le politiche della Fed.

Gli attacchi alle monete del sud-est asiatico negli anni ottanta, alle monete

europee negli anni novanta, alla lira turca dal 2018 al 2022, mille altri sono

stati sferrati utilizzando contemporaneamente le agenzie di rating, i fondi

d’investimento, le strutture della finanza globale. In questo modo si creano

artificialmente crisi economiche, sociali e infine politiche che possono con- durre a cambi di governo e comunque creare sacche di dissenso e rivolta.

In secondo luogo la costruzione di movimenti politici ostili ai governi non

graditi, utilizzando organizzazioni non governative finanziate e dirette da

esperti, strumenti di marketing sociale ed elettorale sperimentati e sofisticati,

campagne pubblicitarie, infiltrazioni di professionisti anche armati nelle ma- nifestazioni. Utilizzando come martelli alcune narrazioni ideologiche – de- mocrazia e libertà, adesione all’Ue, libere elezioni, promesse di indipendenza,

diritti delle donne o delle minoranze o di qualche credo religioso – sono state

impiantate e foraggiate ovunque vere e proprie organizzazioni militanti.

A volte sovrapponendosi a movimenti endemici e spontanei, a volte co- struendoli di sana pianta, queste Ong hanno destabilizzato i paesi bersaglio.

Le rivoluzioni colorate, le opposizioni ai risultati di elezioni che non hanno

dato i risultati voluti, le manifestazioni di protesta hanno sempre un braccio

interno al paese da colpire, e un braccio mediatico esterno – tutti i grandi

media occidentali – che costruiscono l’immagine negativa dell’avversario ed

esaltano i valorosi difensori della libertà che a esso si oppongono. Natural- mente tale narrazione viene poi utilizzata per giustificare interventi di orga- nismi internazionali, prese di distanza, ritorsioni di ogni tipo8

. Le sanzioni

economiche decise unilateralmente contro un altro paese sono l’aspetto “da

ultimo stadio” del complesso di attività economiche, finanziarie e sociopo- litiche ostili che vengono utilizzate normalmente, e che in una prima fase

prendono la forma di atti apparentemente neutri, in quanto sono “semplici”

trattati, accordi di cooperazione e di finanziamento, clausole commerciali.

La terza e piú feroce è il finanziamento di organizzazioni terroristiche, che

con l’aiuto finanziario, tecnico e militare diventano eserciti, rivolte, stragi. E

spesso arrivano al potere. Due soli esempi, i talebani e il siriano ex Isis Hayat

Tahrir che, ancora con una taglia da 10 milioni di dollari, siede a Damasco

e riceve i ministri europei, dopo aver svolto il suo compito.

Le evoluzioni sociali e tecnologiche e la globalizzazione abbattono barrie- re tradizionali e rendono possibili aggressioni piú subdole ed efficaci, dalla

crescente capacità di manipolazione attraverso i social, alle gigantesche ri- sorse finanziarie che si spostano vorticosamente .

Gli Usa hanno dedicato a questi strumenti e a queste strategie risorse im- portantissime, paragonabili a quelle dedicate allo sviluppo delle tecnologie

8 Laura Ruggeri, Rivoluzioni colorate. Genesi, applicazione e crisi di uno strumento di

guerra ibrida, reperibile sul sito “sinistrainrete”.

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militari. Partendo dal principio (post-sconfitta in Vietnam) che lo strumen- to bellico piú costoso e meno spendibile è il soldato americano, nella po- litica militare statunitense è diventato essenziale far combattere le proprie

guerre ad altri popoli. L’Ucraina è esempio paradigmatico e riconosciuto

pubblicamente come tale.

L’attenzione che viene data oggi in Italia e in Occidente, in forma di

straordinario scandalo e allarme, a eventuali finanziamenti di gruppi politici

o personalità politiche da parte di entità ritenute ostili o da manipolazioni

mediatiche fa sorridere, se pensiamo a quanto queste pratiche siano in uso

corrente nei nostri paesi fin dalla fine della Seconda guerra mondiale e so- prattutto dopo il 1991 con modalità ben piú generalizzate e intrusive. È di

questi giorni lo stanziamento da parte dell’Ue di decine di milioni di euro

per “interventi di comunicazione” in Georgia, nel tentativo di provocare un

ribaltone politico9

. La proprietà e gestione del Mass Media System “MMS”, si è sempre piú

concentrata in poche mani, perdendo ogni caratteristica di autonomia e

divenendo un monolite orwelliano, che veicola, in particolare sui temi geo- politici, solo le verità calate dall’alto.

I grandi social applicano censure preventive, assumendosi il ruolo di cu- stodi delle verità, oltre a indirizzare con algoritmi mirati le opinioni, creando

sacche separate per chi dissente. Persino agenzie specializzate nella denuncia

delle fake e delle “bufale” sono appositamente strutturate e finanziate per

controllare che non circolino oppure vengano silenziati o smentiti conte- nuti scomodi10. L’efficacia di questo onnipresente MMS è tale non solo da

orientare le politiche dei governi e delle opposizioni, ma di selezionarne le

classi dirigenti , “lanciando” volta a volta i protagonisti della vita politica e

silenziando, calunniando e ostracizzando i veri oppositori.

In Italia abbiamo assistito alla nascita di meteore politiche che si sono

succedute senza soluzione di continuità, sempre secondo lo schema dell’uo- mo/donna nuovo che appare dal nulla e cambierà tutto: Renzi, Calenda,

Draghi, Meloni, Schlein, tutti lanciati in orbita alta dal MMS coordinato,

portati dall’oscurità alla ribalta e a incarichi prestigiosi in pochissimi mesi.

Tutti con una sola caratteristica in comune: il filoatlantismo.

Armi e soldati. L’esercito 2.0

Come struttura portante del “sistema-difesa”, il player globale sviluppa

l’apparato militare e militar/ industriale, in parte coordinato con gli stru-

9 Gli esempi piú clamorosi sono l’Ucraina nel 2008 e poi nel 2014, la Georgia ancora

nel 2008 e di nuovo ora nel 2024, la Bielorussia nel 2020, l’Armenia quest’anno, la Serbia

nel 2023, la Romania nel 2024. 10 Barbara Spinelli, «il Fatto Quotidiano», 10.1.25.

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menti non militari, ma soprattutto in rapida evoluzione secondo il rapidis- simo sviluppo tecnologico di questi decenni.

La minaccia delle armi nucleari è fattore di tale rilevanza che non è pos- sibile occupare una posizione di primo attore senza essere in possesso di

una capacità di deterrenza reale. Questo aspetto, assolutamente centrale,

è condizione necessaria, anche se non sufficiente, per una sovranità che si

pensi protagonista. Dopo l’essenziale necessità di un deterrente nucleare,

preminente è il complesso di acquisizione e trasmissione di informazioni

– satelliti di diverso tipo, strumenti di controllo delle comunicazioni –, il

tutto in sicurezza, quindi con nessuna condivisione con soggetti diversi da

quelli coinvolti nella propria area di governance.

L’interazione dei sistemi d’arma moderni richiede la capacità di coordina- re le attività in tutti gli ambienti fisici, dallo spazio alle profondità marine,

con la mole di dati forniti dall’intelligence e dagli strumenti di acquisizione.

Assolutamente centrale e non aggirabile è poi il problema della catena di

comando. Qualsiasi impiego anche di pura deterrenza deve basarsi su una

certezza nella catena decisionale, riconoscibile sia all’interno che all’esterno

della struttura, e poter coordinare, come ineluttabilmente richiesto dalle

tecnologie attuali, una pletora di strumenti interarma e collaterali, l’ orga- nizzazione della logistica, della produzione e dello sviluppo di nuove armi.

Questo è naturalmente vero per qualsiasi organizzazione militare, ma in

particolare ha una rilevanza assoluta per il player globale, che deve coordi- nare l’apparato bellico con i gestori degli strumenti di guerra non militari,

che sono finanzieri, imprenditori, uomini di marketing o dei servizi segreti,

comunicatori, decisori politici.

Ogni player globale non può evitare di affrontare la consapevolezza dell’e- sistenza di armi biologiche, chimiche, informatiche e agire di conseguenza,

quanto meno per dotarsi di adeguate contromisure . Il mantenimento di un

livello tecnologico e qualitativo competitivo è essenziale.

Con la guerra in Ucraina è tornata la guerra simmetrica e la guerra ancora

una volta ha dimostrato di essere il piú grande divoratore di risorse gigante- sche: un problema quantitativo oltre che qualitativo.

L’Europa e la chimera dell’esercito europeo

In estrema sintesi, un player globale deve dunque disporre in misura rile- vante di alcuni assets essenziali: 1) la disponibilità di testate nucleari e vettori

adeguati a colpire i potenziali nemici; 2) una struttura di raccolta e gestione

di informazioni quanto piú estesa, affidabile, impermeabile alle manipola-

zioni ed efficace. Deve comprendere servizi segreti ramificati e autonomi, e

la disponibilità dei piú moderni strumenti di raccolta di informazioni e di

dati, soprattutto quelli dual use, in particolare i satelliti e le reti di comu-

nicazione; 3) strumenti legislativi ed esecutivi tali da evitare o limitare sul

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proprio territorio l’efficacia degli strumenti di guerra ibrida – la guerra fatta

con strumenti non militari11; 4) Ffaa attrezzate per rispondere alle necessità

belliche sull’intero potenziale campo di battaglia, in connessione con un

adeguato apparato industriale in grado di produrre ed evolvere gli arma- menti; 5) l’identità e la motivazione che determini gli obiettivi e guidi la ge- stione geopolitica del player e l’uso degli strumenti S&D. Ciò deve tradursi

in una catena di comando unica e omogenea; 6) una dimensione adeguata

a reperire e mantenere le risorse necessarie.

Di fronte a queste sei condizioni basilari, l’Europa appare totalmente ca- rente, non solo allo stato attuale, ma anche in prospettiva, con l’eccezione di

due assets, comunque insufficienti: la dimensione, e l’euro.

Per quanto riguarda la deterrenza nucleare, solo la Francia possiede 290

testate nucleari senza vettori intercontinentali, ed è impensabile che rinunci

al loro controllo diretto ed esclusivo.

Il punto piú delicato da affrontare è quello relativo all’intelligence. I “Five

Eyes” non comprendono alcun paese europeo, e da questo punto di vista

l’uscita dell’Inghilterra dalla Ue è stata una scelta dalle conseguenze irrever- sibili, da un lato a favore del sistema di proiezione di potenza anglosassone

e dall’altro a discapito di una autonomia europea.

Anche a livello di strumentazione per la raccolta dati la capacità europea

è minima, la dipendenza dagli Usa quasi totale. Non esiste né è prevedibile

una reale integrazione tra le intelligence dei diversi paesi.

Gli strumenti normativi necessari per contrastare molte delle forme di

aggressione non militari sono già in uso, con la possibilità di bloccare in- terventi esterni attraverso attività di censura e controllo rafforzati in misura

straordinaria già nei primi giorni dopo il 24 febbraio 2022, con una serie di

misure importate da analoghe legislazioni statunitensi, risalenti al maccar- tismo. Il MMS europeo è in larghissima parte allineato con gli input Usa,

quindi non al servizio della propria sovranità.

L’unico asset realmente sotto controllo europeo è l’euro, che ha forza e

dinamiche sufficientemente autonome da opporre per ora resistenza ad at- tacchi esterni.

Le Ffaa europee non esistono se non come arti secondari della Nato, e

la somma dei 27 apparati militari nazionali non ha alcuna caratteristica di

interoperabilità, tanto meno di coordinamento con altri mezzi non militari.

Comprare piú carri armati o aerei non significa disporre della capacità di

usarli in modo efficace. Per non parlare della motivazione e formazione dei

militari.

A monte dell’unità della catena di comando, la determinazione degli

obiettivi e degli scenari deriva da quali interessi indirizzano le scelte po-

litiche. L’Europa non ha una classe dirigente in qualche modo omogenea.

La miliardocrazia statunitense, legata dall’etica protestante e dal razzismo

11 Guerra senza limiti. Quao Liang,1999

41

Wasp, per quanto in fase di crisi profonda, ruota attorno agli interessi ben

rappresentati da nove su dieci degli uomini piú ricchi del mondo. I paesi

europei hanno lingue, culture e religioni diverse, rapporti di classe e con- dizioni produttive tra loro conflittuali o concorrenti. I cittadini si sentono

al massimo – e sempre meno – cittadini del loro Stato, non di un’identità

europea che scalda il cuore come un ghiacciolo e che neppure ha una lingua

comune. Paradossalmente, in che lingua si darebbero i comandi? Ovvio, in

inglese.

Nell’attuale configurazione della Ue l’ipotesi di un quadro di riferimento

politico frutto di accordo generale condiviso tra i popoli di 27 paesi – cosí

diversi e con interessi cosí lontani, alcuni eterodiretti dagli Usa – appare

non solo un miraggio, ma una voluta manipolazione della realtà. L’unica

possibilità di avere una catena di comando europea omogenea – condizione

necessaria pur se insufficiente per qualsiasi forma di S&D – è che sia com- pletamente distaccata dalle influenze dei singoli paesi. Ma in tal caso quale

sovranità esprimerebbe?

La tecnoburocrazia europea, a suo tempo espressione degli interessi dei

paesi fondatori, ha assunto una dimensione di totale autonomia da essi,

approfittando della polverizzazione dei soggetti di riferimento. Nella Com- missione assumono ruoli importanti, in modo totalmente sovradimensio- nato, paesi che rappresentano direttamente gli interessi Usa, come Lituani

e Lettoni. La Commissione Ue è stata recentemente condannata dallo stes- so tribunale europeo per la secretazione dei contratti con le multinazionali

anglosassoni del vaccino. E sono secretati anche molti accordi con la Nato

e con le multinazionali che si occupano di gestione-dati. La governance

europea non ha divisione dei poteri, non risponde ad alcun criterio demo- cratico né di trasparenza, ha dimostrato nei fatti di non fare in alcun modo

l’interesse dei cittadini europei.

Non a caso per Draghi il quadro di riferimento politico non va discus- so, perché è già definito, sottinteso, indiscutibile. Dunque gli obiettivi

sono quelli dell’Occidente a guida anglosassone, dove sono chiare le gerar- chie, gli interessi da difendere, con gli Usa e le loro narrazioni al comando,

l’intelligence, il sistema satellitare, l’ombrello nucleare, le decisioni d’im- piego delle strutture militari. All’Europa il compito di aumentare l’acqui- sto di materiale bellico: dell’uso se ne parlerà in seguito, se proprio sarà

necessario. Basterà aderire in silenzio alle iniziative americane, dovunque

decidano di attivarle.

Il mercato per le industrie europee della difesa sarà sempre piú compresso

dalla standardizzazione dei prodotti sui criteri atlantici. Gli investimenti

europei diventeranno – già lo sono in gran parte – trasferimenti di ricchezza

dai contribuenti europei alle aziende di produzione bellica americane. Sarà

un secondo flusso di ricchezze dei cittadini europei verso gli Usa, a risto-

ro del loro squilibrio commerciale, che affiancherà quello per l’acquisto di

energia. Già in questi giorni gli Usa stanno discutendo di come consentirci

42

l’acquisto della loro produzione militare senza dover sottostare volta volta

alle autorizzazioni del Congresso.

L’attuale situazione in Europa vede ancora una considerevole libertà d’a- zione, sul terreno strettamente militare, dei singoli paesi. Sia come membri

della Nato, sia come Stati Ue ciascuno di essi detiene ancora un controllo

dei propri servizi segreti, delle proprie FfAa, delle proprie scelte di acquisto

di armamenti, di sviluppo delle proprie industrie. Alla Seconda guerra del

Golfo Francia e Germania rifiutarono di partecipare. Quando a decidere

è l’Ue, i singoli paesi non hanno questa opzione, come ha dimostrato la

vicenda ucraina.

L’unificazione e “razionalizzazione” proposta da Draghi, e ancora di piú

l’ipotesi di un esercito europeo autonomo rilanciato da Gentiloni, signifi- cano la rinuncia a questi ultimi margini di autonomia dei singoli paesi e il

passaggio della sovranità – e delle decisioni sulla vita dei cittadini – a una

tecnocrazia asservita a centri di potere statunitensi. Occorre una consapevo- lezza: con le ultime determinazioni sui concetti strategici, la Nato ha statui- to ufficialmente che essa deve «affermarsi in Ue sempre piú come un centro

di decisione politica in quanto detentrice della forza militare».

Dati i rapporti di forza, questo significa che per estremo paradosso il go- verno politico dell’Ue sarà un comando militare americano. Un corollario

che meriterebbe un esame piú attento: tutto ciò, e anche molto meno, è

totalmente e radicalmente incompatibile con la nostra Costituzione.

S&D. Il suicidio dell’Occidente

L’approccio angloamericano con paesi ancelle al seguito ha portato a

spendere per la difesa negli ultimi vent’anni oltre 30.000 miliardi di dollari.

Spesa folle e improduttiva che è concausa, per molti analisti, della perdita

di rilevanti percentuali di sviluppo economico, sociale e soprattutto tec- nologico in tutto l’Occidente. Le ricadute di tali enormi investimenti non

sono state neanche lontanamente paragonabili agli investimenti stessi. Un

apparato militare-industriale privato ha assorbito le gigantesche quantità

di risorse producendo armamenti sempre piú costosi, che hanno garantito

altrettanto abnormi profitti, ma hanno via via cessato di produrre una netta

superiorità militare sul campo, come ben dimostra l’andamento della guerra

in Ucraina.

La spinta alla finanziarizzazione dell’economia Usa ha portato a una dein-

dustrializzazione di gran parte dell’Occidente, la globalizzazione ha consen-

tito lo sviluppo poderoso di altre economie e una crescita insopportabile

delle diseguaglianze.

Il permanente deficit commerciale Usa e l’enorme spesa militare impro-

duttiva richiedono che tutto il mondo porti risorse in Usa, e lo faccia attra-

verso l’acquisto di dollari come moneta di riferimento solida e redditizia.

43

Nascono qui le ragioni profonde della costante e attiva ricerca di instabilità

e caos in ogni luogo del mondo da parte degli Usa, del rifiuto di ogni mul- tipolarismo costruttivo, dello svuotamento degli organismi internazionali a

partire dall’Onu, del persistente, quasi maniacale desiderio di determinare

gli assetti politici e finanziari di ogni paese del mondo. Situazioni di insta- bilità e di guerra suggeriscono ai capitali investiti in quei paesi di cercare

sicurezza nella stabilità e sicurezza del dollaro. Finché ci credono.

Esiste un’alternativa?

Alternative ci sono. La strada cinese per esempio ha privilegiato gli inve- stimenti diretti in istruzione, infrastrutture e commercio, con un esplicito e

diffuso intervento diretto dello Stato, e ha portato a percentuali di sviluppo

economico impensabili e al superamento dell’Occidente in moltissimi set- tori ad alta tecnologia.

La proprietà statale diretta delle industrie produttrici di armamenti ha

consentito sia alla Russia che alla Cina negli ultimi venti anni di mantenere

e sviluppare strutture militari competitive a un costo inferiore di un ordine

di grandezza a quello occidentale, e di disporre delle industrie del settore

come di uno strumento flessibile e coordinato con le necessità dello Stato.

La Cina ha rinunciato a supportare militarmente la sua attivissima presenza

nel mondo. Le curve di andamento degli sviluppi tecnologici e di crescita

economica tra Usa e Cina sono costantemente opposte da diversi anni: in

flessione quelle americane, in costante ascesa quelle cinesi. Il sorpasso è già

avvenuto in molti settori e le curve non lasciano spazio a dubbi sul futuro.

Altri paesi del Sud del mondo aspirano a occupare ruoli importanti. Sul

terreno tecnologico, industriale, demografico (Russia a parte) l’andamento

sperequato è ancora piú evidente e irreversibile.

Le possibilità per gli Usa di mantenere il proprio dominio monopolare

sul mondo, ormai centrato quasi esclusivamente sul dollaro e su una poten- za militare non piú cosí inarrivabile, sembrano prossime allo zero, dopo il

decennio di esaltazione seguito alla fine della guerra fredda. Una cospicua

maggioranza del mondo ne ha preso consapevolezza e si è vigorosamente

attivata per individuare alternative12. È naturale prevedere che nei prossimi anni, che saranno comunque di

grandissima crisi, l’alternativa sarà tra il consolidarsi di due blocchi tra loro

in competizione ostile a rischio catastrofe nucleare, oppure il raggiungimen- to di un nuovo equilibrio realmente multipolare.

Rinunciando a ogni aspirazione egemonica e a proiezioni di potenza dal

ridicolo sapore imperiale, l’Ue – o almeno il nucleo di paesi fondatori, a co- sto di farlo in ordine sparso – può avere un ruolo importante nel rifiutare la

12 Dichiarazione di Kazan, 2024.

44

divisione del mondo in “Occidente e Altri”, nel favorire la ristrutturazione e

il rafforzamento delle istituzioni sovranazionali. La Dichiarazione di Kazan

apre una prospettiva globale di grande interesse.

In questo quadro può trovare spazio un ragionato progetto europeo di

coordinamento degli strumenti S&D in funzione difensiva. Il rifiuto radi- cale della corsa agli armamenti sarebbe la migliore spinta per la distensione.

All’interno di questo indirizzo, che per esempio la Svezia perseguiva con

grande successo fino agli anni novanta, razionalizzare e coordinare gli stru- menti della S&D avrebbe costi sostenibili e lascerebbe agli Stati nazionali

la piena disponibilità delle proprie scelte strutturali e dunque la propria

sovranità essenziale, in un contesto di reale cooperazione.

L’Europa, trasformando in forza la propria molteplicità interna, può di- fendere e sostenere l’euro, come moneta adatta a scambi internazionali equi

e a uno sviluppo del commercio mondiale non dipendente dalle politiche

egemoniche di una superpotenza che impone la propria moneta come stru- mento di dominio.

Liberarsi della Nato in versione bullo globale e attivare politiche di mu- tuo scambio e crescita con tutti i paesi garantirebbe un quadro di sicurezza

di gran lunga maggiore a quello attuale, che scivola inesorabilmente verso

l’olocausto.

L’attuale situazione appare indirizzarsi verso una direzione completamen- te diversa, una dipendenza e subordinazione europea crescente, una rapina

delle risorse del nostro continente e dei nostri cittadini attraverso i costi

energetici e militari e l’acquisto a saldo dei migliori assets, a scapito di wel- fare e capacità produttiva. Ma siamo in uno di quei momenti della storia,

come nei primi anni novanta, in cui accadono con grande velocità fatti

giganteschi in tempi accelerati.

L’inevitabile sconfitta della Nato in Ucraina e le sue conseguenze geo- strategiche; la devastazione politica ed economica inflitta alla Germania in

modo persino irridente; l’altrettanto definitiva sconfitta della grandeur fran- cese in Europa e in Africa; l’insostenibile aumento delle diseguaglianze e il

tracollo delle ideologie occidentali; l’esplosione della potenza tecnologica ed

economica cinese; l’evidenza della falsità dell’identificazione del bene con

la democrazia occidentale: tutto ciò imporrà cambiamenti di grandissima

portata.

Non ci sono dubbi: la Storia è in rapido movimento e dunque si presen-

=============

Claude

Il saggio di Corrado Cirio, intitolato "La chimera dell’esercito europeo e i fumi di Draghi", analizza criticamente le politiche di sicurezza e difesa dell’Europa, evidenziando le illusioni e le manipolazioni che ne sostengono l’attuale stato.

Sintesi analitica:

  1. Critica alla strategia europea e alla difesa autonoma
    Cirio sostiene che l’idea di un esercito europeo indipendente sia una "chimera" irrealizzabile e che l’attuale approccio si basi su illusorie ambizioni di autonomia, in realtà subordinate agli interessi degli Stati Uniti e della NATO. La volontà di creare una difesa europea sovrana è ostacolata dalla frammentazione politica, dalla dipendenza tecnologica e dalla mancanza di un vero comando unitario.

  2. Sbilanciamento delle spese e del settore della difesa
    L’autore evidenzia che la spesa militare dell’UE, pur essendo significativa (ca. 135 miliardi di euro nel 2022), è ancora inferiore rispetto a quella degli USA e della Cina, e meno focalizzata sull’innovazione tecnologica. Le esportazioni europee di armamenti sono elevate, ma la spesa complessiva resta insufficiente per una vera autodifesa. L’Europa dipende quasi completamente dalle tecnologie americane, dai satelliti agli spionaggi, rendendo difficile un’autonomia strategica.

  3. Risposta alla retorica militarista di Draghi e altri leader
    Cirio critica la proposta di Draghi di aumentare la spesa militare, ritenendola radicata in una logica “più armi, più sicurezza”, che invece può alimentare un circolo vizioso di insicurezza globale. Ricorda che gli investimenti in ricerca e sviluppo in ambito civile sono più produttivi e che il conflitto in Ucraina ha mostrato come le narrative di guerra siano distorte e manipolate, favorendo la propaganda e le politiche estremamente repressive.

  4. Il rapporto tra Europa, NATO e USA
    Sottolinea che l’Europa, invece di sviluppare una politica di difesa autonoma, si è gravemente subordinata alla NATO e agli USA, il cui obiettivo è il mantenimento di un controllo monopolare e il contenimento della Russia e della Cina. L’intervento in Ucraina e le sanzioni sono viste come strumenti di dominio americano, che ha trasformato la NATO da alleanza difensiva a strumento di proiezione di potenza globale.

  5. Evoluzione geopolitica e potenziale multipolare
    Cirio argomenta che le spinte imperiali occidentali, uniti alle disfunzioni del sistema internazionale, stanno portando verso un mondo caratterizzato da due blocchi concorrenti o da un nuovo equilibrio multipolare. In questo scenario, l’Europa dovrebbe mettere da parte le illusioni di potenza militare e proiezione egemonica, puntando invece a rafforzare le proprie sovranità economiche e politiche, riaffermando il ruolo dell’euro e sviluppando collaborazione multilaterale.

  6. Critica alle basi dell’economia di guerra e dei media
    Viene evidenziato come le grandi risorse siano state distorte in strumenti di guerra invisibile, manipolando mercati, alimentando rivoluzioni “colorate”, finanziando organizzazioni terroristiche e controllando l’informazione tramite un sistema mediatico monopolizzato. La propaganda bellica ha contribuito a creare un consenso intorno a guerre basate su narrativi distorti, cementando l’ordine di potere attuale.

  7. Impasse europea e ipotesi di reale sovranità
    Cirio conclude che l’attuale dipendenza e subordinazione dell’Europa, l’assenza di una reale unità politica e la proposta di un esercito europeo autonomo rappresentano un tradimento della sovranità europea e costituzionale. Solo attraverso una politica di disarmo, di rafforzamento delle proprie risorse e di rifiuto della logica della guerra si potrebbe puntare a un’autentica sicurezza e stabilità globale.

In sintesi, il saggio denuncia la lucida illusione di un esercito europeo indipendente, smaschera le manipolazioni geopolitiche occidentali, e propone un approccio più realistico e sovranista per l’Europa, lontano dalla dipendenza militare e strategica dagli USA e dai sistemi di potere globali.

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Certo, per poterti aiutare con la riduzione sintetico-analitica del saggio, ho bisogno che tu mi fornisca il testo del saggio in questione.

Una volta che mi avrai fornito il testo, potrò procedere con la riduzione, che generalmente prevede i seguenti passaggi:

  1. Lettura Attenta: Leggere il saggio più volte per comprenderne a fondo il contenuto, l'argomentazione principale e le idee chiave.
  2. Individuazione della Tesi: Identificare la tesi centrale o il messaggio principale che l'autore vuole comunicare.
  3. Suddivisione in Punti Chiave: Individuare i principali argomenti, i concetti fondamentali e le prove a supporto della tesi.
  4. Sintesi dei Contenuti: Riassumere brevemente ogni sezione o paragrafo importante, concentrandosi sulle informazioni essenziali.
  5. Analisi Critica (Opzionale, a seconda del tipo di riduzione richiesta): Se la riduzione richiede un'analisi, si possono evidenziare i punti di forza e di debolezza dell'argomentazione, la validità delle fonti, lo stile dell'autore, ecc.
  6. Rielaborazione e Connessione: Riscrivere i punti chiave in modo conciso e coerente, evidenziando i collegamenti tra le diverse parti del saggio.
  7. Formulazione della Riduzione Finale: Presentare il riassunto in modo chiaro e strutturato, mantenendo la coerenza e la logica del testo originale.

In attesa del testo, puoi già iniziare a pensare a:

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Una volta che mi avrai fornito il saggio, sarò in grado di fornirti una riduzione il più accurata e utile possibile. Sono pronto!

Certamente, ecco una riduzione sintetico-analitica del saggio "LA CHIMERA DELL’ESERCITO EUROPEO E I FUMI DI DRAGHI":

Titolo del saggio: LA CHIMERA DELL’ESERCITO EUROPEO E I FUMI DI DRAGHI

Autore/Fonte: Non specificato nel testo fornito, ma l'articolo fa riferimento a Gianni Alioti e altri commentatori.

Tesi Centrale: Il saggio critica aspramente il Documento Draghi sulla competitività della UE, in particolare la parte relativa alla Difesa europea, sostenendo che l'idea di un esercito europeo e l'aumento della spesa militare, nel contesto attuale, sono una "chimera" che serve principalmente gli interessi degli Stati Uniti e rafforza la subordinazione dell'Europa alla NATO. L'autore argomenta che la vera minaccia non è la Russia, ma la volontà degli USA di mantenere il proprio dominio globale, anche a scapito degli interessi europei.

Punti Chiave dell'Analisi:

  1. Critica al Documento Draghi sulla Difesa Europea:

    • L'autore contesta l'analisi di Draghi sulla spesa militare europea, evidenziando che, sebbene inferiore a quella americana, è comunque significativa e supera quella di Cina e Russia.
    • Viene criticata l'idea che l'aumento della spesa militare possa risolvere il ritardo tecnologico europeo, sostenendo che gli investimenti in ricerca e sviluppo sono più produttivi se diretti a infrastrutture civili (università, laboratori).
    • La proposta di Draghi è vista come una versione da banchiere del concetto errato "più armi più sicurezza", che in realtà genera un circolo vizioso di insicurezza e riarmo.
  2. Rapporto Europa/NATO/USA:

    • Il saggio sottolinea che il Documento Draghi ignora il problema cruciale del rapporto tra Europa e NATO/USA.
    • Viene ripercorsa l'evoluzione della NATO, da alleanza difensiva a strumento di proiezione di potenza globale, con l'obiettivo esplicito di diventare il decisore principale delle politiche europee.
    • L'autore sostiene che la reazione europea all'invasione russa dell'Ucraina nel 2022 ha dimostrato una totale subordinazione dell'UE alle decisioni della NATO (e quindi degli USA), come evidenziato dalle sanzioni immediate e dall'assenza di dibattito interno.
    • La "minaccia russa" viene considerata "un'irrisione alla ragione" e una costruzione propagandistica per giustificare il riarmo europeo e servire gli interessi geopolitici degli USA nel contenere Russia e Cina.
    • L'autore evidenzia la divergenza di interessi tra USA ed Europa, citando l'impatto negativo per l'industria europea e il vantaggio per gli USA derivanti dall'interruzione delle forniture energetiche russe e dall'aumento dei prezzi del gas liquido americano.
  3. Cosa Significa Essere un Player Globale:

    • Un player globale è un'entità pienamente sovrana, capace di decidere le proprie strategie senza condizionamenti esterni e di incidere sugli equilibri geopolitici.
    • Essere un player globale richiede non solo capacità militari, ma anche strumenti non militari di proiezione di potenza, come la manipolazione dei mercati finanziari, la creazione di movimenti politici ostili (guerre ibride/rivoluzioni colorate) e il finanziamento di organizzazioni terroristiche.
    • Gli USA hanno investito enormemente in questi strumenti non militari, preferendo far combattere le proprie guerre ad altri popoli (come l'Ucraina).
    • Viene sottolineato il ruolo cruciale del controllo dei media e dei social network nella manipolazione dell'opinione pubblica e nella selezione delle classi dirigenti, spesso filatlantiche.
  4. L'Europa e la "Chimera" dell'Esercito Europeo:

    • L'autore elenca sei condizioni essenziali per essere un player globale (deterrenza nucleare, intelligence autonoma, strumenti contro le guerre ibride, forze armate adeguate, identità/motivazione/catena di comando unica, dimensione adeguata).
    • Secondo l'autore, l'Europa è totalmente carente in queste condizioni, ad eccezione parziale della dimensione e dell'Euro.
    • Vengono evidenziate le lacune europee in termini di deterrenza nucleare (solo la Francia), intelligence (dipendenza dagli USA), strumenti contro le guerre ibride (media allineati con gli USA), e soprattutto l'assenza di forze armate europee integrate e di una catena di comando unica e omogenea.
    • La mancanza di una classe dirigente europea omogenea e di un'identità europea condivisa rende l'idea di un esercito europeo autonomo una "voluta manipolazione della realtà".
    • L'attuale configurazione dell'UE, con una tecnoburocrazia autonoma e influenzata da interessi esterni (USA), rende la sovranità europea un concetto vuoto.
    • L'autore conclude che l'unificazione militare europea, come proposta da Draghi e Gentiloni, significherebbe la rinuncia all'ultima autonomia dei singoli paesi e il passaggio della sovranità a una tecnocrazia asservita a centri di potere statunitensi.
  5. Alternative e Prospettive:

    • L'autore propone un'alternativa all'approccio angloamericano basato sulla spesa militare improduttiva, citando il modello cinese di investimento in istruzione, infrastrutture e commercio.
    • Viene sottolineata la crisi del dominio monopolare degli USA e la ricerca di alternative da parte di una maggioranza del mondo (es. Dichiarazione di Kazan).
    • L'Europa potrebbe avere un ruolo importante nel promuovere un equilibrio multipolare e rafforzare le istituzioni sovranazionali, rinunciando ad aspirazioni egemoniche.
    • Un coordinamento degli strumenti S&D in funzione difensiva, con costi sostenibili e rispettando la sovranità nazionale, viene proposto come alternativa realistica.
    • La liberazione dalla NATO e l'attivazione di politiche di scambio e crescita con tutti i paesi sono viste come garanzie di maggiore sicurezza.

In Sintesi: Il saggio argomenta che il Documento Draghi sulla Difesa europea è un sintomo della subordinazione europea agli interessi degli Stati Uniti, veicolati attraverso la NATO. L'idea di un esercito europeo autonomo è definita una "chimera" data l'attuale mancanza di sovranità, identità e strutture militari integrate nell'UE. L'autore critica la spesa militare come improduttiva e propone un'alternativa basata sulla cooperazione difensiva e un approccio multipolare, libero dall'egemonia statunitense. L'attuale contesto geopolitico, segnato dalla crisi del dominio USA e dall'ascesa di altre potenze, imporrà inevitabilmente grandi cambiamenti.

Questa riduzione cerca di catturare l'essenza del saggio, evidenziando la tesi principale e i principali argomenti a supporto, includendo anche le critiche specifiche e le proposte alternative avanzate dall'autore.

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Deepseek

Sintesi analitica del saggio "La chimera dell’esercito europeo e i fumi di Draghi"

1. Contesto e tesi centrale

Il saggio critica il Documento Draghi (settembre 2024) sulla difesa europea, denunciandone le contraddizioni e l'asservimento alla NATO e agli interessi statunitensi. La tesi principale è che:

  • L'idea di un "esercito europeo" autonomo sia una chimera, poiché l'UE manca di sovranità reale e di una catena di comando indipendente.

  • La militarizzazione dell'Europa proposta da Draghi (aumento spese militari, investimenti nell'industria bellica) è controproducente:

    • Non risolve le carenze tecnologiche dell'UE (ritardo in ricerca, scarsità di laureati STEM).

    • Alimenta una spirale di insicurezza globale (es. corsa agli armamenti).

    • Avvantaggia principalmente gli USA, che controllano la NATO e impongono standard militari.


2. Critiche al Documento Draghi

  • Falsa narrazione della "minaccia russa":

    • La Russia (145 milioni di abitanti, 17 milioni di km²) non ha capacità né interesse a invadere l'UE (450 milioni di abitanti, 10 milioni di km²).

    • La NATO ha provocato il conflitto in Ucraina rifiutando ogni negoziato pre-2022 e addestrando l'esercito ucraino dal 2014.

  • Ipocrisia della spesa militare UE:

    • La spesa UE (313 miliardi di dollari nel 2023) è già superiore a quella cinese e tripla quella russa.

    • L'industria bellica europea è forte nell'export (52 miliardi di € nel 2022), ma Draghi ignora questi dati per giustificare ulteriori investimenti.

  • Ricadute tecnologiche? Illusorie:

    • Gli investimenti in R&S militare ("dual use") sono meno efficaci di quelli diretti in università e ricerca civile (es. modello cinese).


3. Subordinazione dell'UE alla NATO

  • Storico: Dal 1949, la NATO garantisce la difesa europea in cambio di sovranità limitata per l'UE.

  • Dopo il 24 febbraio 2022 (invasione russa dell'Ucraina):

    • L'UE ha adottato in poche ore sanzioni identiche a quelle USA, rivelando un copione preordinato.

    • Propaganda di guerra: Narrazione univoca ("Russia aggressore, Ucraina vittima") e censura del dissenso.

    • Dipendenza militare: Le risorse europee sono state dirottate verso l'Ucraina senza dibattito (es. uso del "Fondo per la pace" per comprare munizioni).


4. Perché un esercito europeo è impossibile

Un "player globale" (come USA, Cina, Russia) richiede:

  1. Deterrenza nucleare autonoma (solo la Francia ha testate, ma non le cederà).

  2. Intelligence indipendente (l'UE esclusa dai "Five Eyes").

  3. Catena di comando unificata (inesistente, con 27 eserciti nazionali).

  4. Industria bellica sovrana (oggi dipendente da standard NATO/USA).

  5. Identità politica condivisa (inesistente: lingue, culture e interessi divergenti).

  6. Risorse finanziarie (l'euro è l'unico asset autonomo, ma sotto attacco).

Risultato: L'UE è un vaso di coccio in mano alla NATO, che decide al posto suo.


5. Conseguenze per l'Europa

  • Deindustrializzazione: Sanzioni alla Russia hanno quadruplicato i costi energetici, favorendo le esportazioni USA.

  • Perdita di sovranità: Le decisioni S&D (Sicurezza e Difesa) sono sempre più subordinate alla NATO.

  • Rischi geopolitici:

    • La Germania potrebbe riarmarsi, scatenando una reazione nucleare russa.

    • L'UE è vittima della guerra ibrida USA (es. sabotaggio del North Stream).


6. Alternative proposte

  • Rifiutare la logica dei blocchi: Adottare un multilateralismo (es. Dichiarazione di Kazan 2024).

  • Investire in ricerca civile, non militare.

  • Ridurre la dipendenza dalla NATO e dagli USA, puntando su una difesa coordinata ma non centralizzata.

  • Difendere l'euro come moneta alternativa al dollaro.


7. Giudizio critico

Punti di forza:

  • Analisi documentata della subordinazione UE alla NATO.

  • Smascheramento della propaganda bellica ("minaccia russa").

  • Critica alla militarizzazione come soluzione ai problemi UE.

Limiti:

  • Visione idealizzata della Russia (ignora corruzione e autoritarismo).

  • Sottovaluta il ruolo della Cina nello scontro globale.

  • Nessuna proposta concreta per un'UE sovrana al di fuori della NATO.

Conclusione: Il saggio è un monito necessario contro l'irrazionalità militarista, ma manca di una roadmap realistica per l'autonomia europea.


Tempo di lettura: 5 minuti. Parole chiave: Esercito europeo, NATO, Draghi, guerra ibrida, sovranità UE.


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