L'Occidente di Ernesto Galli della Loggia e di Sergio Labate

 Ciao, ti sottopongo due articoli di quotidiani diversi: Il primo è di Ernesto Galli della Loggia e riflette sulla idea di occidente. Il secondo è di Sergio Labate e riprende polemizzando il tema del primo.

Potresti scrivere un pezzo che focalizzi gli argomenti salienti di entrambi e quelli di dissidio?
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Autore: Ernesto Galli Della Loggia.
Fonte: Il Corriere della sera 03-05-2025
Titolo : La rinascita contestata dell'idea di Occidente
Testo:
È la presenza e la percezione del diverso che ci rendono consapevoli della nostra identità. Ecco perché oggi ritorna prepotentemente sulla scena la categoria di Occidente. Da un lato perché la crisi della globalizzazione ci fa fortemente dubitare che il mondo sia una cosa sola, costringendoci invece a vederne sempre di più le diversità nonché i conflitti tra queste; e dall’altro perché proprio un tale spettacolo ci rende consapevoli della diversità nostra e dei paesi, delle culture e dei regimi politici che più ci somigliano. Appunto dell’Occidente.

Ma alla parte dura e pura del pensiero progressista e a un certo cattolicesimo l’Occidente non piace, appare un concetto colpevolmente «divisivo», non piace che se ne parli più di tanto, ad esempio a scuola. Entrambi infatti vogliono fermamente credere che all’interno della storia dell’ umanità non vi sia mai stata alcuna differenza decisiva, e quindi temono che parlare troppo di Occidente possa far nascere l’idea che invece una bella differenza vi sia stata. Proprio per evitarlo, per impedire che poi da ciò nascano magari pericolosi sensi di superiorità, nazionalismi aggressivi o più meno inconsapevoli razzismi, bisogna quindi porre tutto sullo stesso piano, dare eguale spazio a tutti i passati.

Parlare troppo di Occidente e della sua storia, insomma, è ideologicamente pericoloso (e naturalmente è «di destra»). Al più, se proprio si deve, lo si faccia illustrandone i limiti, i debiti con le altre culture, soprattutto le malefatte. Mi chiedo fino a che punto i progressisti si rendano conto che su questo terreno si gioca una partita che ben prima di riguardare il nostro rapporto con gli altri, con le storie e le culture degli altri popoli della terra, riguarda invece direttamente noi stessi. Perché in realtà la questione del passato riguarda il legame sociale che tiene insieme la collettività, il vincolo che unisce il singolo ad essa: cioè riguarda la base del consenso delle nostre democrazie.

E invece, dopo aver messo al bando il patriottismo nazionale (il vincolo rappresentato dalla comune identificazione con la vicenda dello Stato nazionale), il progressismo sembra auspicare che d’ora innanzi sia messo al bando anche il patriottismo culturale (il vincolo rappresentato dalla comune identificazione con la vicenda storica di un più ampio ambito di civiltà quale è appunto l’Occidente). Tutto insomma deve essere cancellato perché l’unico patriottismo ammissibile nelle nostre società resti il patriottismo costituzionale, il vincolo della comune obbedienza a una tavola delle leggi: perché l’astrattezza e la formalità prendano il posto della dura concretezza della storia.

Per il progressismo la storia diviene così, di fatto, un terreno minato. La storia, cioè il passato così inquietante e pericoloso per il sangue di cui gronda, per le passioni che può ancora suscitare, deve essere assolutamente immunizzata per fare spazio unicamente alla disincarnata, algida prescrizione delle regole, alla loro rassicurante, presunta universalità. Del resto tutto si tiene. L’orizzonte che il progressismo naturalmente predilige non può che essere il futuro, la dimensione propria dell’utopia, e dunque il solo passato che esso può accettare perché congruo a un tale futuro è un passato all’insegna della «equiparazione democratica». Un passato nel quale per così dire «c’è posto per tutti» e dove non è ammesso alcun accertamento di specificità, alcun giudizio di valore, alcuna valutazione comparativa. Tutti i passati devono essere obbligatoriamente eguali. Le specificità, se ci sono, devono essere tutte poste obbligatoriamente sullo stesso piano, essere tutte parte di una medesima storia e al medesimo titolo.

Un esempio di ciò quanto mai calzante è quanto ha scritto Marco Aime, professore di antropologia culturale a Genova, credendo di rispondere alla mia domanda polemica in quale altra storia e cultura diversa da quella dell’Occidente fosse dato di trovare qualcosa di simile alla celebre Dichiarazione del diritti dell’uomo e del cittadino. Cito la sua risposta (da Domani, 15 aprile, con qualche inevitabile taglio) : «Il sovrano indiano Asoka (304-232 a.C.) introdusse leggi che rappresentavano una vera rivoluzione culturale: furono proibiti la caccia e anche il ferimento di animali (…), fece costruire ospedali per uomini e animali, università, ostelli gratuiti per pellegrini (…), le sue leggi proibivano ogni discriminazione per casta, fede o schieramento politico (…). Nel 604 d.C. (seicento anni prima della Magna Charta) il principe del giapponese Shotoku introdusse la Costituzione dei diciassette articoli in cui si legge: “le decisioni importanti non devono essere prese da una sola persona. Devono, invece, esser discusse da più persone (…) Non dobbiamo provare nessun rancore quando qualcuno non è d’accordo con noi (…). L’imperatore moghul Akbar affermava la necessità di un dialogo tra le diverse religioni dell’India (…) In molti regni africani esistevano forme di controllo sul sovrano, che potevano portare anche all’eliminazione del monarca stesso». E così via credendo di contestare con simili argomenti quella che nel titolo del quotidiano viene additata come «la supremazia (falsa ) dell’Occidente».

Che sarà pure falsa quanto si vuole, ma se ancora oggi dappertutto si legge Rousseau e non la Costituzione di diciassette articoli ci sarà pure qualche ragione, mi dico: e forse diversa dalle famose cannoniere che l’Occidente ha avuto a disposizione.

Nella situazione presente, insomma, la storia, è divenuta il campo di battaglia tra due opposte idee di passato: in funzione, come è sempre accaduto, di due diverse idee del presente e del futuro. E questo è lo scontro vero – lo scontro al quale hanno dato luogo anche i recenti programmi di storia contenuti nelle nuove Indicazioni per la scuola varate dal Ministero - non già lo scontro - come gli avversari della «supremazia (falsa) dell’Occidente» vorrebbero far credere - tra i nostalgici del «fardello dell’uomo bianco» da un lato, e dall’altro gli apostoli dell’ «amicizia tra i popoli», ovvero tra qualche tradizionalista poco informato delle novità bibliografiche e loro invece, i solerti cultori dell’ «aggiornamento scientifico della disciplina».
Ai quali va ricordata una questione posta venticinque secoli fa da Erodoto, che George Steiner cita in un suo saggio: «Ogni anno mandiamo le nostre navi, rischiando le nostre vite e spendendo molto denaro, fin sulle coste dell’Africa per chiedere: Chi siete? Quali sono le vostre leggi? Qual è la vostra lingua? Loro non hanno mai mandato una nave per chiedercelo». «Nessuna dose di politicamente corretto o di liberalismo alla moda — conclude Steiner — può annullare questa domanda».
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Autore : Sergio Labate
Fonte :DOMANI 11-05-2025
Titolo : Caro Galli Della Loggia, il tuo Occidente conosce solo la forza bruta
Testo:
Qualcuno ha ancora il coraggio di dire che l’Occidente sta rinascendo. Mentre Gaza sparisce e noi ci affidiamo al mutismo. Forse ciò che rinasce è l’Occidente della pura forza, incapace ormai di provare vergogna e di riconoscere al diritto di essere sempre più forte della forza. Dopo Gaza, non rimane che la parola muta e la lingua mozzata dell’Occidente

Qualche giorno fa Ernesto Galli della Loggia ha scritto un editoriale sul Corriere della sera per difendere quella che secondo lui è una «rinascita dell’idea di Occidente». Ci vuole coraggio a farlo, proprio nei giorni in cui l’Occidente mostra il peggio di sé. Credo volesse anche rispondere alle critiche che su questo giornale sono state elegantemente poste da Marco Aime, ma non sono riuscito a trovare risposte. Quel che ho trovato è una frase di Erodoto che attesterebbe la supposta superiorità dell’Occidente: «Ogni anno mandiamo le nostre navi, rischiando le nostre vite e spendendo molto denaro, fin sulle coste dell’Africa per chiedere: Chi siete? Quali sono le vostre leggi? Qual è la vostra lingua? Loro non hanno mai mandato una nave per chiedercelo».

Francamente, non mi pare che il governo israeliano stia facendo domande di questo genere ai palestinesi di Gaza che si accinge a deportare. Non volendo, la frase citata dimostra ciò che si vuole negare contro ogni evidenza: se la supposta superiorità dell’Occidente è data dalla sua capacità di dare la parola all’altro, a Gaza si assiste al suo fallimento, non certo al suo trionfo. La verità è che ci sono frasi che proprio non andrebbero ricordate in certi frangenti della storia, perché risultano ridicole e, forse, pure offensive.

La coscienza occidentale
Del resto, mai come in questi giorni ho la sensazione che, se ci fosse ancora – ammesso ci sia mai stata - una coscienza occidentale, non ci occuperemmo di altro che di Gaza. E poiché non lo facciamo, è evidente che tale coscienza si è velocemente dissolta. Certo, ancora qualcuno prova a balbettare. Altri – tra questi in prima fila il governo italiano - restano muti per compiacere i potenti del presente, senza accorgersi che questo mutismo non potrà essere assolto dal tribunale della storia.

Mi pare che la vera questione da porsi – se si è onesti intellettualmente – non è dunque la questione della supposta superiorità dell’Occidente, ma della sua evidente e concretissima dissoluzione. L’Occidente, questa invenzione recente che ha preteso di eternarsi e che invece sta velocemente suicidandosi.

Quando è accaduta, questa dissoluzione che ci permette di accettare cose che solo fino a qualche anno fa avrebbero avuto come conseguenza delle condanne mediatiche e politiche generalizzate?

Andando a memoria, ricordo solo due episodi tra gli innumerevoli: la falsa “pistola fumante” di Colin Powell e lo scandalo di Abu Ghraib. È passato qualche decennio, non secoli.

In entrambi i casi l’Occidente agiva come una forza incontrollata e al di sopra sia del diritto sia della verità, ma al contempo si vergognava di mostrarsi come tale. Quella vergogna era ciò che lo salvava: l’Occidente non è mai stato un mostro di coerenza, ma la sua qualità fondamentale era la possibilità di costruire in sé la propria negazione, di potersi sempre vergognare di se stesso. Non c’era Occidente se non perché c’era anche la critica all’Occidente.

O forse, sorprendentemente, ha ragione Galli della Loggia. Stiamo assistendo alla rinascita dell’Occidente. Perché non possiamo non riconoscere che la sua storia è stata per millenni la storia del dominio della forza, non la storia della capacità di provare vergogna.

Il primato della forza
L’Occidente che ha provato a sostituire al primato della forza quello dei diritti è durato molto poco, in effetti. In questo poco tempo ha dimostrato di esser capace di auto-emendarsi, di sospendere il vanto sulla propria supposta superiorità, di riconoscersi responsabile della barbarie del colonialismo e dell’imperialismo, d’immaginare la guerra fuori dalla politica, di relativizzare se stesso aprendosi alla pluralità delle storie, di costruire progetti di democrazie che salvaguardassero l’uguaglianza e la dignità di tutti gli esseri umani. Ebrei e palestinesi, cittadini e non.

Ma l’Occidente dei diritti è stata una brevissima parentesi della sua storia, niente di più. La sua utopia concreta non è più il cosmopolitismo kantiano, ma la riviera di Gaza che l’IA ha bellamente immaginato per Trump e Netanyahu. Un’immagine falsa costruita facendo violenza al mondo vero, riducendolo in macerie, cimiteri, deportazioni. L’occidente che sta rinascendo è quello della pura forza, del puro dominio brutale su quelli che considera “altri”.

Non so se Gaza sia la fine dell’Occidente o la sua rinascita, la rivelazione definitiva della forza come sua unica verità. Io non lo so e forse non mi interessa davvero saperlo. La vera domanda è: può esistere da ora in poi una “parola occidentale”? Nel genocidio degli innocenti cui stiamo assistendo, non ci siamo definitivamente condannati al mutismo? L’Occidente - senza il limite della sua parola e della sua vergogna - rimane pura forza, potenza distruttrice e incapace di dare senso alle proprie azioni. Dopo Gaza, non resta che la lingua mozzata dell’Occidente. E anche noi qui, a masticare parole con la lingua mozzata.
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DeepAI

Gli articoli di Ernesto Galli della Loggia e Sergio Labate rappresentano due prospettive contrapposte e profonde sul tema dell’Occidente, evidenziando un confronto tra la sua rinascita ideologica e il suo presunto declino morale e politico. ### Argomenti salienti di Galli della Loggia: - **Rinascita dell’idea di Occidente**: Galli della Loggia sostiene che, di fronte alla crisi della globalizzazione e alle diversità culturali, si riscopre la centralità dell’Occidente come insieme di valori, cultura e storia condivisa. - **L’Occidente come identità**: Per l’autore, il senso di identità occidentale si basa sulla percezione del diverso e sulla consapevolezza delle proprie radici storiche, che sono comunque contrapposte alle altre culture. - **Critica al pensiero progressista**: Egli denuncia come, secondo lui, il progressismo e un certo cattolicesimo tendano a negare le specificità storiche e culturali dell’Occidente, preferendo un’interpretazione che le uniformi e le equipari tutte, portando a una sorta di annullamento delle differenze. - **Pericolo di ideologizzazione**: La storia diventa uno strumento di guerra tra visioni opposte, tra chi vede l’Occidente come portatore di valori universali e chi, invece, lo ridicolizza o lo svaluta, come nel caso degli esempi di culture diverse. - **L’Occidente come complesso di valori e libertà**: La sua rinascita, secondo Galli della Loggia, risiede nel riconoscimento della propria storia e delle proprie specificità, e nel mantenimento di un rapporto critico e consapevole con il passato. ### Argomenti salienti di Labate: - **Declino etico e morale dell’Occidente**: Labate denuncia come l’Occidente, in particolare nel contesto attuale di conflitti come quello di Gaza, abbia smarrito la sua coscienza e la capacità di agire con giustizia, rivelandosi come un potere dominatore e brutale. - **Il fallimento della “parola” e della dimensione civile**: Egli sottolinea come l’Occidente abbia abbandonato il suo ruolo di interlocutore morale, lasciando spazio a una forza bruta che si manifesta nelle azioni di potere e violenza. - **La fine dell’“Occidente della vergogna”**: La sua analisi si concentra sul fatto che l’Occidente, che un tempo poteva riconoscere i propri errori e vergognarsi, ora si presenta come una potenza senza limiti, incapace di provare empatia o di assumersi responsabilità. - **Il rischio di un’Occidente senza parole**: Labate dipinge un quadro di un’Europa e di un’America che, di fronte a crisi come quella di Gaza, sono muta e impotenti, lasciando emergere un’immagine di potenza senza morale. ### Dissidi e punti di confronto: - **Visione sulla storia e l’identità**: Galli della Loggia vede nell’Occidente una storia di valori condivisi, di capacità di auto-emendarsi e di riconoscere le proprie colpe, come base di rinascita. Labate, al contrario, percepisce un’Occidente che ha abbandonato i valori morali, sostituiti dalla forza bruta, e che si sta dissolvendo nel suo vuoto etico. - **Prospettiva sul presente**: Per Galli della Loggia, la riscoperta dell’Occidente è un processo che può rafforzare l’identità e la coesione sociale, anche attraverso un riconoscimento critico del passato. Labate invece vede nel presente un’Occidente che si sta rivelando incapace di agire con giustizia e compassione, proiettando un’immagine di potere cieco e brutale. - **Il ruolo della cultura e della memoria**: Galli della Loggia attribuisce un valore centrale alla memoria storica come fondamento dell’identità, anche criticamente interpretata. Labate mette in evidenza come l’Occidente abbia ormai smarrito la capacità di parlare e di riconoscere i propri errori, lasciando spazio alla pura forza. ### Sintesi: Entrambi gli autori affrontano il tema dell’Occidente come un’entità complessa e controversa, ma con prospettive opposte. Galli della Loggia si concentra sulla possibilità di una rinascita attraverso il riconoscimento delle proprie radici e del valore della storia, anche se criticata. Labate denuncia invece la crisi morale e etica dell’Occidente, che si manifesta in una modalità di azione basata sulla forza e sulla brutalità, lasciando alla storia un’eredità di violenza e disumanizzazione. Il loro dissidio si traduce nella contrapposizione tra una visione dell’Occidente come patrimonio di valori e identità da recuperare e una come potenza disumanizzata, capace solo di dominare e distruggere. La sfida, dunque, non sta solo nel dibattito storico o culturale, ma nel ruolo che l’Occidente intende assumere nel presente e nel futuro: come custode dei valori o come forza senza limiti e senza vergogna.
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ChatGPT

Ecco un articolo che sintetizza i due testi, evidenziando i principali argomenti comuni e le linee di dissenso tra Ernesto Galli della Loggia e Sergio Labate:


Occidente conteso: identità culturale o potere smarrito?
Riflessioni a partire dal confronto tra Ernesto Galli della Loggia e Sergio Labate

Il dibattito sull’“idea di Occidente” torna prepotentemente al centro del discorso pubblico, e lo fa in un momento storico segnato da crisi globali, guerre e profonde fratture culturali. Due recenti interventi – uno di Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, l’altro di Sergio Labate su Domani – mettono a confronto visioni radicalmente diverse di cosa sia, o debba essere, l’Occidente oggi.

Identità e radici: il punto di Galli della Loggia

Per Galli della Loggia, la riscoperta dell’Occidente è una reazione inevitabile alla crisi della globalizzazione e alla rinnovata percezione delle differenze tra civiltà. L’Occidente non è semplicemente un’area geografica o un’alleanza politica: è una tradizione storica, un’eredità culturale che include il pensiero critico, il costituzionalismo, la democrazia liberale, la tensione verso i diritti universali. Difenderne l’identità – pur senza ignorarne le ombre – è per l’autore un dovere civico e pedagogico, anche nelle scuole.

Secondo Galli della Loggia, il pensiero progressista – e parte del cattolicesimo contemporaneo – tende invece a rimuovere la specificità dell’Occidente, nel timore che ogni riconoscimento possa sfociare in forme di razzismo o nazionalismo. Ma cancellare la memoria storica, ammonisce, significa indebolire il legame sociale e dissolvere le basi del consenso democratico. A suo avviso, la “rinascita” del concetto di Occidente è legata non a una volontà di supremazia, bensì al bisogno di identità e coesione in tempi disorientanti.

L’Occidente al tramonto: la replica di Labate

Per Sergio Labate, invece, non è di rinascita che si può parlare, bensì di decadenza. L’Occidente che si arroga il diritto di interrogare l’altro – come nell’aneddoto erodoteo riportato da Galli – oggi appare incapace di ascoltare e di farsi interrogare, come dimostra il silenzio assordante su Gaza e il sostegno, esplicito o implicito, alle politiche di forza di Israele. A suo dire, l’Occidente ha perso la sua coscienza morale proprio nel momento in cui dovrebbe esercitarla.

Labate contesta alla radice l’idea di superiorità implicita nella narrazione di Galli della Loggia, accusandola di essere cieca rispetto alle contraddizioni contemporanee. La vera crisi – sostiene – non è l'oblio dell'identità, ma l'incapacità dell’Occidente di restare fedele ai suoi stessi principi. E se l’Occidente continua a invocare la propria centralità culturale senza esercitare responsabilità storica e giustizia, allora si autodissolve, diventando nient’altro che una maschera per l’egemonia geopolitica.

Due concezioni inconciliabili del passato e del presente

Lo scontro tra i due intellettuali è quindi profondo e paradigmatico: Galli della Loggia guarda all’Occidente come a una civiltà storica da rivendicare e comprendere, mentre Labate ne mette in discussione la legittimità e ne denuncia l’ipocrisia. Il primo teme un relativismo che dissolve le basi culturali della democrazia; il secondo denuncia un universalismo ipocrita che maschera la forza come diritto.

In filigrana si leggono due idee opposte di storia: per Galli della Loggia, è un luogo di costruzione identitaria, pericolosa solo se ignorata; per Labate, è un campo di responsabilità etica che non può più essere raccontato senza fare i conti con le violenze del presente.

Entrambi, però, convergono almeno su un punto: la posta in gioco è il senso stesso del vivere civile nel nostro tempo. Che si parli di identità culturale o di coscienza perduta, l’Occidente appare oggi come una domanda aperta più che una risposta. E proprio per questo vale ancora la pena discuterne.

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ChatGPT estensione a saggio 1

Ecco il saggio con una bibliografia essenziale alla fine, per facilitare eventuali approfondimenti accademici o critici:


Occidente, crisi di un’identità contesa: confronto tra Galli della Loggia, Labate e altri autori

Nel dibattito contemporaneo sull’identità e il destino dell’Occidente, due posizioni si stagliano in contrasto per profondità e direzione critica: quella di Ernesto Galli della Loggia, storico delle istituzioni e opinionista dal piglio conservatore, e quella di Sergio Labate, filosofo politico attento alla crisi dei modelli di convivenza e al ruolo della marginalità. Entrambi, pur da prospettive molto diverse, si interrogano sull’idea stessa di “Occidente”, ma la trattano con tonalità divergenti: Galli della Loggia ne difende la necessità storica e valoriale, Labate ne mette in discussione la validità e l’efficacia ideologica.

L’Occidente come spazio politico-morale: Galli della Loggia

Nel suo editoriale pubblicato sul Corriere della Sera il 28 aprile 2024, Galli della Loggia difende la necessità di “credere ancora nell’Occidente” come comunità valoriale, storicamente radicata nella civiltà europea e nordamericana. Egli riconosce i limiti e i crimini commessi dall’Occidente (colonialismo, imperialismo, razzismo), ma li subordina alla centralità di conquiste come lo Stato di diritto, la democrazia rappresentativa, la libertà individuale e la razionalità scientifica. In tal senso, egli legge la crisi dell’Occidente — dal tramonto del primato economico alle incertezze geopolitiche — come una perdita di fiducia in sé stesso, favorita da una cultura progressista che, a suo avviso, ha smesso di difendere i valori su cui si fonda l’ordine occidentale.

Galli della Loggia si inserisce in una tradizione intellettuale che, da Raymond Aron a Samuel Huntington, ha visto l’Occidente non solo come spazio geografico, ma come civiltà dotata di una “missione” storica. In particolare, il richiamo alla “civiltà europea” riecheggia alcune tesi di Tony Judt, che però ne dava una lettura più problematica e autocritica: per Judt, l’Europa è una costruzione forgiata sulle ceneri della guerra e del totalitarismo, non un’entità organica da difendere contro le critiche interne.

L’Occidente come narrazione imperiale: Labate

Al polo opposto si colloca Sergio Labate, che nel suo intervento su Domani contesta radicalmente l’idea che esista un Occidente definito da valori universali. Per Labate, parlare di “Occidente” significa occultare il rapporto originario tra potere e racconto, tra imposizione e autocelebrazione. L’Occidente — afferma — è sempre stato costruito “a spese di altri mondi” e al prezzo dell’esclusione dei vinti, dei subalterni, degli “altri”. In questa prospettiva, la sua crisi è salutare: non un collasso, ma una decostruzione necessaria di una forma di dominio, una chance per “uscire da sé” e ricomporre la convivenza su basi più orizzontali, più aperte.

Labate riprende qui, implicitamente, alcune tesi del pensiero postcoloniale e decostruttivo: da Edward Said, che in Orientalismo ha mostrato come l’Occidente abbia definito sé stesso attraverso una costruzione culturale dell’“Altro”, a Dipesh Chakrabarty, che ha criticato l’universalismo eurocentrico della modernità storica. Anche l’influenza di Jacques Derrida è evidente nel suo appello a “smontare” le categorie che sorreggono la sovranità culturale occidentale, decentrando il soggetto e accogliendo le marginalità.

Un’identità contesa: tra universalismo e critica postcoloniale

Il confronto tra Galli della Loggia e Labate evidenzia due linee di frattura profonde nella discussione sull’Occidente:

  1. Sul piano epistemologico, il primo assume l’Occidente come categoria data, fondata su valori oggettivi e istituzioni consolidate; il secondo la tratta come costruzione discorsiva, ideologicamente fondata e politicamente interessata.

  2. Sul piano politico, Galli della Loggia difende una funzione “guida” dell’Occidente nel mondo, mentre Labate la considera una pretesa di superiorità da smascherare.

  3. Sul piano etico, Galli della Loggia auspica il recupero dell’orgoglio valoriale, mentre Labate invita a una conversione dell’ascolto verso le voci silenziate.

Questa dicotomia riflette un conflitto più ampio che attraversa la filosofia politica contemporanea. Pensatori come Zygmunt Bauman, nel descrivere la “modernità liquida”, hanno parlato della crisi dell’Occidente come fine delle certezze e delle narrative totalizzanti. Judith Butler, nei suoi scritti sulla vulnerabilità e la coabitazione, invita a ripensare l’universalismo a partire dalla pluralità dei corpi e delle vite precarie, rovesciando il paradigma della sovranità occidentale.

D’altro canto, autori come Francis Fukuyama (recentemente più autocritico rispetto alle sue precedenti tesi sulla “fine della storia”) continuano a vedere nella liberal-democrazia occidentale l’unico orizzonte praticabile, nonostante le sfide dell’autoritarismo e del nazionalismo.

Conclusione: crisi o metamorfosi?

Alla fine, il nodo cruciale resta: l’“Occidente” è una realtà da difendere, un’ideologia da decostruire o un dispositivo da reinventare? Se Galli della Loggia lo difende come luogo della libertà e della ragione, Labate lo sfida come costrutto di dominio. Ma forse entrambi, a modo loro, concordano su un punto: l’Occidente, oggi, non può più semplicemente “essere”, ma deve “rendersi conto di sé” — attraverso la memoria, il dialogo, e una ridefinizione del suo posto nel mondo.


Bibliografia essenziale

  • Galli della Loggia, E. (2024), Credere ancora nell’Occidente, Corriere della Sera, 28 aprile.

  • Labate, S. (2024), Occidente, il problema è crederci ancora, Domani, 4 maggio.

  • Said, E. (1978), Orientalismo, trad. it. Feltrinelli.

  • Chakrabarty, D. (2000), Provincializzare l’Europa. Il pensiero postcoloniale e la differenza storica, Meltemi.

  • Judt, T. (2005), Postwar: A History of Europe Since 1945, trad. it. Guerrieri e borghesi, Laterza.

  • Huntington, S. P. (1996), The Clash of Civilizations and the Remaking of World Order, Simon & Schuster.

  • Fukuyama, F. (1992), The End of History and the Last Man, Free Press.

  • Bauman, Z. (2000), Modernità liquida, Laterza.

  • Butler, J. (2004), Undoing Gender, Routledge; e (2015), Notes Toward a Performative Theory of Assembly, Harvard University Press.

  • Derrida, J. (1993), La democrazia a venire, Cronopio.


Se vuoi posso aggiungere anche riferimenti a testi in lingua italiana facilmente reperibili, oppure suggerire letture per un approfondimento didattico o tematico specifico. Ti interessa?

You said:
riferimenti ai testi italiani graziee
ChatGPT said:

Ottimo! Di seguito trovi un elenco di testi in lingua italiana, facilmente reperibili in libreria o online, che approfondiscono da diverse prospettive il dibattito sull’Occidente, la sua crisi e il suo significato culturale, politico e filosofico. Alcuni sono scritti direttamente da autori italiani, altri sono traduzioni rilevanti e accessibili:


1. Ernesto Galli della Loggia

  • “Credere, tradire, vivere”, Il Mulino, 2016.
    ➤ Riflessione autobiografica in cui l’autore analizza il rapporto tra identità italiana, Occidente e impegno intellettuale.

  • “L’aula vuota. Come l’Italia ha distrutto la sua scuola”, Marsilio, 2019.
    ➤ Non solo sulla scuola: contiene riflessioni sul declino delle élite culturali e il ruolo della tradizione occidentale.


2. Sergio Labate

  • “Il diritto di essere contro. Abitare il conflitto senza riserve”, Ponte alle Grazie, 2021.
    ➤ Filosofia del dissenso e critica all’universalismo egemone; ottimo per comprendere il suo approccio all’“Occidente”.

  • “L’innesto. Generare figli nonostante tutto” (con Massimo Recalcati), Einaudi, 2023.
    ➤ Dialogo filosofico sul futuro, la generazione e l’eredità; affronta in filigrana il tema della trasmissione culturale.


3. Critica postcoloniale e decostruzione dell’Occidente

  • Edward Said, “Orientalismo”, Feltrinelli, ed. aggiornata 2020.
    ➤ Opera chiave per comprendere la costruzione ideologica dell’identità occidentale.

  • Achille Mbembe, “Critica della ragione nera”, Ombre Corte, 2013.
    ➤ Rilettura dell’Occidente dalla prospettiva africana e postcoloniale.

  • Dipesh Chakrabarty, “Provincializzare l’Europa”, Meltemi, 2004 / 2019 (nuova ed.).
    ➤ Un testo fondativo per ripensare la modernità eurocentrica.

  • Jacques Derrida, “La democrazia a venire”, Cronopio, 2004.
    ➤ Analisi della crisi delle categorie occidentali classiche (democrazia, sovranità, cittadinanza).


4. Pensatori contemporanei critici sull’identità occidentale

  • Zygmunt Bauman, “Modernità liquida”, Laterza, 2002.
    ➤ Riflessione sulla dissoluzione delle certezze identitarie dell’Occidente.

  • Judith Butler, “La forza della nonviolenza”, Nottetempo, 2021.
    ➤ Per una revisione radicale dei valori dell’Occidente alla luce della vulnerabilità e della coabitazione globale.


5. Approcci storici e politici all’Occidente

  • Tony Judt, “Guerrieri e borghesi. L’Occidente tra guerra e pace”, Laterza, 2009.
    ➤ Sguardo storico sul dopoguerra europeo e sull’identità occidentale nel XX secolo.

  • Francis Fukuyama, “Identità. La richiesta di riconoscimento e la lotta per la democrazia”, UTET, 2019.
    ➤ Spiegazione accessibile della crisi dell’universalismo liberale, più recente e autocritico delle sue opere precedenti.


Se ti serve una selezione più orientata alla filosofia politica italiana o per uso didattico (liceo, università), posso indicarti volumi specifici usati nei corsi accademici o antologie tematiche. Vuoi che proceda anche in questa direzione?

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Perplexity

Argomenti salienti dei due articoli

1. Ernesto Galli della Loggia – “La rinascita contestata dell’idea di Occidente”

  • Galli della Loggia riflette sul ritorno della categoria di “Occidente” come identità collettiva, reso attuale dalla crisi della globalizzazione e dalla percezione crescente delle differenze e dei conflitti tra culture e regimi politici12.

  • Sostiene che la consapevolezza dell’identità occidentale nasce proprio dal confronto con l’alterità, e che oggi questa identità è messa in discussione soprattutto da una parte del pensiero progressista e da certo cattolicesimo, che la ritengono un concetto “divisivo” e pericoloso12.

  • Secondo l’autore, il progressismo tende a negare differenze decisive nella storia dell’umanità per evitare derive di superiorità, nazionalismi o razzismi, promuovendo una visione in cui tutte le storie e le culture sono poste sullo stesso piano e vanno trattate con eguale dignità12.

  • Galli della Loggia critica questa posizione, sostenendo che eliminare sia il patriottismo nazionale sia quello culturale (occidentale) rischia di lasciare come unico vincolo sociale il “patriottismo costituzionale”, cioè l’adesione astratta alle regole, svuotando il senso di appartenenza storica e collettiva12.

  • La storia, secondo lui, diventa così un terreno minato, da “immunizzare” per evitare passioni e conflitti, mentre invece dovrebbe essere riconosciuta come fondamento del legame sociale e della democrazia12.

  • Galli della Loggia conclude che il vero scontro riguarda due idee opposte di passato (e quindi di presente e futuro): una che riconosce specificità e valori comparativi, l’altra che li nega in nome di un’uguaglianza universale12.

2. Sergio Labate – “Caro Galli Della Loggia, il tuo Occidente conosce solo la forza bruta”

  • Labate risponde polemicamente all’editoriale di Galli della Loggia, sostenendo che parlare oggi di “rinascita dell’Occidente” è paradossale e persino offensivo, soprattutto alla luce delle tragedie contemporanee come Gaza, dove l’Occidente mostra “il peggio di sé”12.

  • Secondo Labate, l’Occidente che si vorrebbe far rinascere è in realtà quello della “pura forza”, incapace di provare vergogna e di riconoscere la supremazia del diritto sulla forza12.

  • Critica l’uso di citazioni storiche (come quella di Erodoto) per sostenere la superiorità occidentale, sottolineando che oggi l’Occidente non ascolta né dà voce all’altro, ma impone il silenzio e la violenza12.

  • Labate sostiene che la vera questione non è la superiorità dell’Occidente, ma la sua dissoluzione morale e politica, visibile nell’incapacità di provare vergogna e di autocritica di fronte alle proprie azioni, come dimostrato da episodi storici recenti (Abu Ghraib, “pistola fumante” di Powell)12.

  • Riconosce che l’Occidente ha avuto una breve parentesi storica in cui ha cercato di sostituire il dominio della forza con quello dei diritti, ma questa fase è stata breve e oggi sembra definitivamente chiusa12.

  • Si chiede se sia ancora possibile una “parola occidentale” significativa, o se l’Occidente sia ormai condannato al mutismo e alla perdita di senso, ridotto a pura potenza distruttrice12.

Punti di dissidio principali

Tema centraleGalli della LoggiaLabate
Identità occidentaleVa riconosciuta e difesa come elemento fondante del legame sociale; negarla è pericoloso per la coesione e la democrazia12.È ormai svuotata di senso, incapace di autocritica e vergogna; la sua rinascita coincide con la riaffermazione della forza bruta12.
Rapporto con la storiaOccorre riconoscere le specificità e i valori della storia occidentale, senza ridurla a una narrazione egualitaria e “immunizzata”12.La storia dell’Occidente è soprattutto storia di dominio e violenza; la parentesi dei diritti è stata breve e oggi è tramontata12.
Ruolo del progressismoIl progressismo, negando le differenze storiche, indebolisce il senso di appartenenza e la coesione sociale12.Il progressismo è visto come un tentativo (fallito) di autocritica; oggi l’Occidente ha perso anche questa capacità di vergogna12.
Crisi attuale (Gaza, ecc.)Non affrontata direttamente, ma la crisi globale rafforza il bisogno di identità occidentale12.Gaza è la prova della dissoluzione morale dell’Occidente, che non sa più ascoltare né provare vergogna12.
Supremazia e universalismoRiconoscere le specificità non significa rivendicare una supremazia, ma prendere atto delle differenze storiche12.Parlare di supremazia è oggi fuori luogo e offensivo; l’Occidente ha perso ogni pretesa di universalismo etico12.

Sintesi conclusiva

I due articoli rappresentano due visioni radicalmente opposte sull’idea di Occidente:

  • Galli della Loggia difende la necessità di riconoscere e trasmettere l’identità occidentale come fondamento del patto sociale e della democrazia, criticando l’appiattimento egualitario promosso dal progressismo e sottolineando il valore delle specificità storiche12.

  • Labate vede invece nell’attuale Occidente la fine di ogni ideale universalista e autocritico, ridotto a pura forza e incapace di vergogna, come dimostrato dalle tragedie contemporanee. Per lui, parlare oggi di “rinascita” dell’Occidente equivale a celebrare il trionfo della potenza distruttrice, non di valori condivisi12.

In definitiva, il dissidio si concentra su cosa debba significare oggi “Occidente”: per Galli della Loggia un’identità da preservare e trasmettere, per Labate una maschera ormai svuotata e pericolosa, che nasconde solo la forza e la perdita di senso morale.

Citations:

  1. https://ppl-ai-file-upload.s3.amazonaws.com/web/direct-files/attachments/12886793/629ccf2f-5393-491a-9341-f448ee3114f5/paste.txt
  2. https://ppl-ai-file-upload.s3.amazonaws.com/web/direct-files/attachments/12886793/66387ca6-bfd6-4e8d-ae90-411d0de3bf99/paste-2.txt

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Argomenti salienti dei due articoli

1. Ernesto Galli della Loggia – “La rinascita contestata dell’idea di Occidente”

  • Galli della Loggia riflette sul ritorno della categoria di “Occidente” come identità collettiva, reso attuale dalla crisi della globalizzazione e dalla percezione crescente delle differenze e dei conflitti tra culture e regimi politici

  • .

  • Sostiene che la consapevolezza dell’identità occidentale nasce proprio dal confronto con l’alterità, e che oggi questa identità è messa in discussione soprattutto da una parte del pensiero progressista e da certo cattolicesimo, che la ritengono un concetto “divisivo” e pericoloso

  • .

  • Secondo l’autore, il progressismo tende a negare differenze decisive nella storia dell’umanità per evitare derive di superiorità, nazionalismi o razzismi, promuovendo una visione in cui tutte le storie e le culture sono poste sullo stesso piano e vanno trattate con eguale dignità

  • .

  • Galli della Loggia critica questa posizione, sostenendo che eliminare sia il patriottismo nazionale sia quello culturale (occidentale) rischia di lasciare come unico vincolo sociale il “patriottismo costituzionale”, cioè l’adesione astratta alle regole, svuotando il senso di appartenenza storica e collettiva

  • .

  • La storia, secondo lui, diventa così un terreno minato, da “immunizzare” per evitare passioni e conflitti, mentre invece dovrebbe essere riconosciuta come fondamento del legame sociale e della democrazia

  • .

  • Galli della Loggia conclude che il vero scontro riguarda due idee opposte di passato (e quindi di presente e futuro): una che riconosce specificità e valori comparativi, l’altra che li nega in nome di un’uguaglianza universale

    • .

    2. Sergio Labate – “Caro Galli Della Loggia, il tuo Occidente conosce solo la forza bruta”

    • Labate risponde polemicamente all’editoriale di Galli della Loggia, sostenendo che parlare oggi di “rinascita dell’Occidente” è paradossale e persino offensivo, soprattutto alla luce delle tragedie contemporanee come Gaza, dove l’Occidente mostra “il peggio di sé”

  • .

  • Secondo Labate, l’Occidente che si vorrebbe far rinascere è in realtà quello della “pura forza”, incapace di provare vergogna e di riconoscere la supremazia del diritto sulla forza

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  • Critica l’uso di citazioni storiche (come quella di Erodoto) per sostenere la superiorità occidentale, sottolineando che oggi l’Occidente non ascolta né dà voce all’altro, ma impone il silenzio e la violenza

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  • Labate sostiene che la vera questione non è la superiorità dell’Occidente, ma la sua dissoluzione morale e politica, visibile nell’incapacità di provare vergogna e di autocritica di fronte alle proprie azioni, come dimostrato da episodi storici recenti (Abu Ghraib, “pistola fumante” di Powell)

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  • Riconosce che l’Occidente ha avuto una breve parentesi storica in cui ha cercato di sostituire il dominio della forza con quello dei diritti, ma questa fase è stata breve e oggi sembra definitivamente chiusa

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  • Si chiede se sia ancora possibile una “parola occidentale” significativa, o se l’Occidente sia ormai condannato al mutismo e alla perdita di senso, ridotto a pura potenza distruttrice

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    Punti di dissidio principali

    Tema centraleGalli della LoggiaLabate
    Identità occidentaleVa riconosciuta e difesa come elemento fondante del legame sociale; negarla è pericoloso per la coesione e la democrazia
    .È ormai svuotata di senso, incapace di autocritica e vergogna; la sua rinascita coincide con la riaffermazione della forza bruta
    .
    Rapporto con la storiaOccorre riconoscere le specificità e i valori della storia occidentale, senza ridurla a una narrazione egualitaria e “immunizzata”
    .La storia dell’Occidente è soprattutto storia di dominio e violenza; la parentesi dei diritti è stata breve e oggi è tramontata
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    Ruolo del progressismoIl progressismo, negando le differenze storiche, indebolisce il senso di appartenenza e la coesione sociale
    .Il progressismo è visto come un tentativo (fallito) di autocritica; oggi l’Occidente ha perso anche questa capacità di vergogna
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    Crisi attuale (Gaza, ecc.)Non affrontata direttamente, ma la crisi globale rafforza il bisogno di identità occidentale
    .Gaza è la prova della dissoluzione morale dell’Occidente, che non sa più ascoltare né provare vergogna
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    Supremazia e universalismoRiconoscere le specificità non significa rivendicare una supremazia, ma prendere atto delle differenze storiche
    .Parlare di supremazia è oggi fuori luogo e offensivo; l’Occidente ha perso ogni pretesa di universalismo etico
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    Sintesi conclusiva

    I due articoli rappresentano due visioni radicalmente opposte sull’idea di Occidente:

    • Galli della Loggia difende la necessità di riconoscere e trasmettere l’identità occidentale come fondamento del patto sociale e della democrazia, criticando l’appiattimento egualitario promosso dal progressismo e sottolineando il valore delle specificità storiche

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  • Labate vede invece nell’attuale Occidente la fine di ogni ideale universalista e autocritico, ridotto a pura forza e incapace di vergogna, come dimostrato dalle tragedie contemporanee. Per lui, parlare oggi di “rinascita” dell’Occidente equivale a celebrare il trionfo della potenza distruttrice, non di valori condivisi

    • .

    In definitiva, il dissidio si concentra su cosa debba significare oggi “Occidente”: per Galli della Loggia un’identità da preservare e trasmettere, per Labate una maschera ormai svuotata e pericolosa, che nasconde solo la forza e la perdita di senso morale.





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