Polonia e la guerra
Entro il 2030 la Polonia avrà più carri armati di Germania, Francia, UK e Italia messi insieme
Enrica Perucchietti
L'Indipendente Agosto 2025
Con un accordo miliardario firmato il 1° agosto a Gliwice, nel cuore industriale della Slesia, la Polonia ha ufficialmente imboccato la strada per diventare, entro il 2030, la prima potenza corazzata d’Europa. Forte dell’intesa siglata con la Corea del Sud per l’acquisto di 180 carri armati K2 Black Panther e 81 veicoli blindati di supporto progettati dalla Hyundai Rotem, Varsavia si prepara ad affermare la propria centralità strategica nel continente, rafforzando il ruolo di gendarme atlantico dell’Est. E lo fa con numeri che parlano da soli: 1.100 carri armati operativi, più di quelli posseduti da Regno Unito, Francia, Germania e Italia messi insieme (un totale di 950). Solo due Stati membri della NATO – Grecia e Turchia – avranno più carri armati della Polonia una volta che l’accordo con la Corea del Sud sarà concluso: la Turchia ne possiede attualmente 2238, la Grecia 1344.
Il contratto da oltre 6 miliardi di euro rappresenta l’ultima tappa di un processo di maxi-riarmo iniziato nel 2022. Già allora Varsavia aveva stipulato un precedente accordo con Seul da 3,4 miliardi di dollari per l’acquisto di lanciatori d’artiglieria a razzo K239 Chunmoo, aerei da combattimento leggeri FA-50 e obici semoventi K9. Il nuovo accordo – che prevede forniture a ritmo serrato, dal 2026 al 2030 – include 81 veicoli di supporto, formazione logistica, un programma completo di assistenza e riparazione e una clausola di trasferimento tecnologico. Gli ultimi 61 tank saranno assemblati direttamente in Polonia, nello stabilimento Bumar Łabędy di Gliwice, rilanciando così anche l’industria nazionale della difesa.
«È un grande affare per la sicurezza della nostra patria, per la nostra industria bellica. L’accordo avvia il processo di ripristino della produzione di carri armati nel nostro Paese», ha scritto su X il vicepremier e ministro della Difesa Władysław Kosiniak-Kamysz, sottolineando l’importanza simbolica della data di firma dell’intesa, l’81° anniversario della Rivolta di Varsavia.
La scelta della Polonia di puntare su fornitori non europei – Corea del Sud e Stati Uniti in testa – non è soltanto tecnica, ma geopolitica. Mentre Bruxelles cerca di rafforzare l’autonomia strategica dell’UE attraverso iniziative come ReArm Europe, Varsavia guarda altrove. In pochi anni, ha acquistato non solo tank K2, ma anche carri armati M1 Abrams, elicotteri Apache, lanciarazzi HIMARS e sistemi antimissilistici Patriot dagli Stati Uniti, ponendosi come un “alleato modello della NATO”, secondo il segretario alla Difesa statunitense Pete Hegseth.
Questa politica di approvvigionamento bellico esterno riflette una linea chiara: l’ancoraggio della sicurezza polacca non è l’Unione Europea, ma l’Alleanza Atlantica. È a Washington, non a Bruxelles, che Varsavia guarda quando si tratta di definire i propri paradigmi difensivi. Un paradosso se si pensa che la Polonia, con una spesa militare pari al 4,7% del PIL (35 miliardi di euro) – la quota più alta tra i Paesi della NATO – è oggi il maggior investitore in Difesa in Europa in rapporto alla ricchezza nazionale.
Il riarmo polacco non si limita alla modernizzazione dell’apparato militare: sta trasformando in profondità anche la società. In un contesto di crescente tensione geopolitica, il governo ha avviato una profonda riforma educativa con l’introduzione di programmi scolastici di preparazione alla difesa, che includono corsi di addestramento militare, orientamento alla sicurezza nazionale e alfabetizzazione strategica. Già dalle scuole superiori si diffonde un approccio “pre-bellico” all’educazione, pensato per preparare i giovani a un potenziale conflitto su larga scala.
Parallelamente, in un clima da assedio permanente, la mobilitazione civile assume connotati sempre più marcati: la retorica antirussa pervade il dibattito pubblico e il giornalismo mainstream, mentre il volontariato territoriale e le esercitazioni delle forze di difesa locali vengono incentivate e normalizzate. Il Paese alimenta un’identità collettiva fondata sulla minaccia costante dell’aggressione esterna, in particolare da parte di Mosca, costruendo un’immagine di “fortezza” dell’Occidente ai confini dell’Orso russo. «Dobbiamo sempre investire e ricordare che Putin o un altro dittatore potrebbero arrivare e minacciare la nostra sicurezza. Non finirà mai», aveva dichiarato a febbraio, nella conferenza stampa a fianco del capo del Pentagono Hegseth, Wladyslaw Kosiniak-Kamysz, esortando l’Europa a svegliarsi.
A determinare questa accelerazione del riarmo non è solo la guerra in Ucraina e la crisi al confine con la Bielorussia, ma anche la memoria storica di un Paese vulnerabile alla pressione delle potenze esterne. La geografia polacca – un vasto bassopiano privo di barriere naturali – ha favorito, nel XX secolo, sia l’avanzata della Wehrmacht nel 1939 sia quella dell’Armata Rossa nel 1944-1945. Da qui l’adozione di una dottrina difensiva basata sul controllo aggressivo del fronte terrestre tramite la superiorità corazzata. La lezione del passato è oggi rilanciata in chiave moderna: deterrenza non più solo come difesa, ma come proiezione d’influenza e, dunque, di potenza. La Polonia punta a presidiare ogni accesso al proprio territorio, diventando uno snodo cruciale dell’interoperabilità NATO e un soggetto centrale nel dispositivo di contenimento del rischio russo. Il riarmo non è più strumento, ma fine: parte di una strategia strutturale volta a consolidare l’agenda russofoba del governo, guidato dal centrista Donald Tusk.
La Polonia, oggi, non è solo un attore emergente sulla scacchiera europea. È il volto nuovo di un continente che, tra memoria storica, timori contemporanei e ambizioni di potenza, si prepara a ridefinire il proprio destino entro la fine del decennio.
ChatGPT
Ecco una sintesi per punti dell’articolo “Entro il 2030 la Polonia avrà più carri armati di Germania, Francia, UK e Italia messi insieme” di Enrica Perucchietti (L’Indipendente, agosto 2025):
✅ 1. Potenza corazzata europea
Il 1° agosto 2025, la Polonia firma un nuovo accordo militare con la Corea del Sud per 180 carri armati K2 Black Panther e 81 veicoli blindati Hyundai Rotem.
Entro il 2030, Varsavia raggiungerà 1.100 carri armati operativi, superando Germania, Francia, Regno Unito e Italia messi insieme (950 totali).
Solo Turchia (2238) e Grecia (1344) ne avranno di più in ambito NATO.
✅ 2. Processo di riarmo accelerato
Il contratto da oltre 6 miliardi di euro segue un precedente accordo del 2022 (3,4 miliardi di dollari) con Seoul per artiglieria K239, aerei FA-50 e obici K9.
Il nuovo piano (2026-2030) prevede forniture rapide, formazione logistica, assistenza tecnica e trasferimento tecnologico.
Gli ultimi 61 carri saranno assemblati in Polonia, rilanciando l’industria bellica nazionale (stabilimento Bumar Łabędy).
✅ 3. Simbolismo e strategia geopolitica
La firma avviene nell’anniversario della Rivolta di Varsavia (1944), sottolineando il valore patriottico dell’operazione.
Il governo polacco sceglie deliberatamente fornitori extra-europei (Corea del Sud, USA) in contrasto con l’iniziativa ReArm Europe dell’UE.
Varsavia si allinea con Washington: acquisti recenti includono M1 Abrams, Apache, HIMARS, Patriot.
✅ 4. Centralità NATO e spesa militare
Il baricentro difensivo polacco è l’Alleanza Atlantica, non l’UE.
Con una spesa militare pari al 4,7% del PIL (35 miliardi di euro), la Polonia è il maggiore investitore in Difesa d’Europa in rapporto al PIL.
Per gli USA, è un “alleato modello della NATO”.
✅ 5. Riforma educativa e militarizzazione sociale
Viene introdotta un’educazione “pre-bellica” nelle scuole: corsi militari, alfabetizzazione strategica, orientamento alla sicurezza nazionale.
Si normalizza la mobilitazione civile: volontariato territoriale, esercitazioni militari, retorica antirussa nei media.
✅ 6. Dottrina difensiva e memoria storica
La geografia della Polonia (bassopiano privo di difese naturali) alimenta una dottrina fondata sulla superiorità corazzata.
Il trauma delle invasioni naziste (1939) e sovietiche (1944-45) plasma la strategia contemporanea: deterrenza come proiezione di potenza.
✅ 7. Un nuovo volto dell’Europa
Il riarmo non è solo reazione, ma strategia strutturale: consolidamento dell’agenda russofoba del governo Tusk.
La Polonia si propone come baluardo dell’Occidente ai confini della Russia, nodo cruciale per l’interoperabilità NATO.
Si profila come un attore chiave nella ridefinizione del futuro geopolitico del continente.
=============
Certo! Ecco una riscrittura in stile narrativo-giornalistico, mantenendo un tono informato e militante:
Polonia, la nuova potenza corazzata d’Europa. Il riarmo come dottrina strategica
A Gliwice, nel cuore industriale della Slesia, il primo agosto 2025 si è firmato un accordo che potrebbe ridefinire gli equilibri militari europei. Con un colpo da oltre 6 miliardi di euro, la Polonia ha siglato un’intesa con la Corea del Sud per l’acquisto di 180 carri armati K2 Black Panther e 81 veicoli blindati Hyundai Rotem. È il tassello più recente di un ambizioso progetto di riarmo che punta a fare di Varsavia, entro il 2030, la prima potenza corazzata del continente.
I numeri parlano chiaro: con oltre 1.100 carri armati operativi, la Polonia supererà da sola la somma di quelli in dotazione a Regno Unito, Francia, Germania e Italia (950 in totale). Solo due Paesi NATO, Turchia e Grecia, manterranno numeri superiori. Ma il dato più significativo non è quantitativo, bensì politico.
Varsavia ha scelto una traiettoria autonoma rispetto alla linea europea. Mentre Bruxelles promuove l’autonomia strategica dell’UE attraverso programmi come ReArm Europe, il governo polacco punta decisamente su Washington e Seul. Non è un caso che, già nel 2022, fosse stato siglato un primo accordo con la Corea del Sud da 3,4 miliardi di dollari per artiglieria K239 Chunmoo, jet FA-50 e obici K9. Il nuovo contratto prevede consegne rapide, assistenza tecnica, formazione e, soprattutto, una clausola di trasferimento tecnologico: gli ultimi 61 carri armati verranno assemblati in Polonia, rilanciando così l’industria bellica nazionale.
“La sicurezza della nostra patria passa dalla capacità di produrre i mezzi per difenderla”, ha dichiarato il vicepremier e ministro della Difesa Władysław Kosiniak-Kamysz, celebrando su X la data simbolica della firma: l’81° anniversario della Rivolta di Varsavia.
Ma non si tratta solo di mezzi. La Polonia, con una spesa militare pari al 4,7% del PIL – la più alta in rapporto alla ricchezza nazionale tra i membri della NATO – sta investendo in una vera e propria mutazione strategica. Il suo orizzonte non è più europeo, bensì atlantico. L’alleanza con gli Stati Uniti si è rafforzata con l’acquisto di carri armati M1 Abrams, elicotteri Apache, lanciarazzi HIMARS e sistemi antimissile Patriot. Per il Pentagono, Varsavia è oggi l’“alleato modello”.
A cambiare non è soltanto l’apparato militare, ma anche il tessuto sociale. Nelle scuole superiori sono stati introdotti programmi di “preparazione alla difesa”, con corsi di addestramento, alfabetizzazione strategica e formazione civico-militare. La società viene così orientata a un paradigma “pre-bellico”, che mira a interiorizzare la possibilità di un conflitto su larga scala.
In parallelo, cresce la mobilitazione civile. Il volontariato territoriale, le esercitazioni militari e la retorica antirussa si moltiplicano, in un clima di costante allerta. L’identità nazionale si struttura attorno all’immagine della Polonia come “fortezza dell’Occidente”, in prima linea contro la minaccia di Mosca.
Il contesto geopolitico – dalla guerra in Ucraina alla tensione ai confini con la Bielorussia – ha accelerato il processo. Ma alla base c’è anche una memoria storica profonda. Il territorio polacco, un vasto bassopiano senza difese naturali, ha facilitato nel secolo scorso l’invasione nazista prima e quella sovietica poi. È questa vulnerabilità geografica e storica che oggi alimenta una dottrina militare centrata sulla superiorità corazzata e sul controllo aggressivo del territorio.
Non si tratta più soltanto di difendersi: la deterrenza si trasforma in proiezione di potenza. La Polonia aspira a un ruolo centrale nella NATO, come cerniera tra Est e Ovest, avamposto operativo nel contenimento del “rischio russo”. Il riarmo, in questa prospettiva, non è più solo uno strumento, ma un fine politico e ideologico.
Guidata dal governo centrista di Donald Tusk, la Polonia si propone come il volto nuovo di un’Europa che, tra timori del passato e ansie del presente, riscrive i propri assetti strategici. Non più semplicemente un partner orientale dell’UE, ma il perno militare di un continente che si prepara – a modo suo – al ritorno della storia.
==================
Commenti
Posta un commento